Operare, cioè credere
Lunedì III Settimana di Pasqua
At 6,8-15 Sal 118 Gv 6,22-29
Gli uditori di Stefano non vogliono credere. Accogliere le sue parole significherebbe dover ammettere ciascuno i propri errori e i propri peccati, significherebbe dover cambiar vita. Così, scelgono di non voler credere. Chiudono gli occhi davanti al suo volto che era “come quello di un angelo” , e scelgono la menzogna.
La stessa cosa era accaduta nei confronti di Gesù. Molti di coloro che avevano visto il segno del pane, preferirono fermarsi al bisogno materiale. Volevano un messia “terreno”, che rendesse comodo il loro piccolo mondo. Ma Gesù è fermo. Solo una è la cosa da fare: credere in Lui. Aprire il cuore al suo insegnamento e scegliere di credere alla verità, al bene, al bello che in Lui possiamo riconoscere. Darsi da fare per ciò per cui davvero vale la pena. La fede è un dono che chiede la nostra adesione, il nostro desiderio, la nostra volontà. Sì, questo richiede la fatica di accogliere un Dio che non è come lo avremmo pensato…ma che, proprio per questo, vuole donarci molto di più di quello che possiamo pensare.
Crediamo in te, o Signore, aiutaci nella nostra incredulità
Dalla Leggenda dei tre compagni [FF 1407]
Mentre un giorno stava pregando fervidamente il Signore, gli fu risposto: «Francesco, se vuoi conoscere la mia volontà, devi disprezzare e odiare tutto quello che amavi mondanamente e desideravi possedere. Quando avrai cominciato a fare così, ti parrà insopportabile e amaro quanto per l’innanzi ti era attraente e dolce; e dalle cose che una volta aborrivi, attingerai grande dolcezza e immensa soavità».
Felice di queste parole e divenuto forte nel Signore, Francesco, mentre un giorno cavalcava nei paraggi di Assisi, incontrò sulla strada un lebbroso. E poiché di solito aveva grande orrore dei lebbrosi, fece violenza a se stesso, smontò da cavallo e offrì al lebbroso un denaro, baciandogli la mano. E ricevendone un bacio di pace, risalì a cavallo e seguitò il suo cammino.
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