Compimenti
Mercoledì III Settimana Tempo di Quaresima
Dt 4,1.5-9 Sal 147 Mt 5,17-19
Nei brani evangelici della Passione di Gesù, più volte sentiamo: “Questo avvenne perché si adempisse la Scrittura”. Gesù è venuto proprio ad ad-empire la Scrittura, cioè a colmare un vuoto. Viene a rendere concreta una parola che la Legge e i Profeti avevano annunciato da secoli. Gesù è il Verbo di Dio, la misericordia del Padre che si fa carne e si “impasta” con la nostra umanità. La prende su di sé e ci dona la vita divina. Anche io, come Gesù, sono chiamato a “compiermi”, cioè a vivere una pienezza, a colmare un vuoto. Come fare? Amando la Parola che Gesù porta a compimento fino in fondo, fino alla morte e alla risurrezione. Amare la Parola è ascoltarla con l’adesione della mente e dell’affetto, e viverla nella concretezza delle mie giornate. È scrutare in essa gli orientamenti per le mie scelte, il modo di affrontare gli eventi, lo sguardo con cui guardo gli altri, il modo di parlare, di lavorare. La Parola sarà, come dice Mosè, la mia saggezza e la mia intelligenza. Diventerà la strada per il mio “compimento”.
Lampada ai miei passi è la tua Parola, luce sul mio cammino” (Sal119,105).
Dalla Vita seconda di Tommaso da Celano [FF 693]
Vi era nella Marca di Ancona un secolare che, dimentico di sé e del tutto all’oscuro di Dio, si era completamente prostituito alla vanità. (…) Mentre camminava così avvolto nelle tenebre e si tirava addosso il castigo avvinto nei lacci della vanità, la pietà divina, mossa a compassione, pensò di richiamare il misero, perché non perisse, lui che giaceva prostrato a terra. (…) La mano di Dio si posò su di lui, e vide proprio con i suoi occhi corporei Francesco segnato in forma di croce da due spade, messe a traverso, molto splendenti: l’una si stendeva dalla testa ai piedi; l’altra, trasversale, da una mano all’altra, all’altezza del petto. (…) Il padre, quando iniziò a predicare davanti a tutti, rivolse contro di lui la spada della parola di Dio. Poi, in disparte, lo ammonì con dolcezza intorno alla vanità e al disprezzo del mondo, e infine lo colpì al cuore minacciandogli il giudizio divino. L’altro, senza frapporre indugi, rispose: «Che bisogno c’è di aggiungere altro? Veniamo ai fatti. Toglimi dagli uomini e rendimi al grande Imperatore!». Il giorno seguente, il santo lo vestì dell’abito e lo chiamò frate Pacifico, per averlo ricondotto alla pace del Signore.
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