DOMENICA 28 FEBBRAIO 2021 II DI QUARESIMA – S. OSVALDO VESCOVO
Dal Vangelo
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu
trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.
Commento biblico
Nel Vangelo di oggi Gesù insegna l’importanza della contemplazione. “Facciamo tre capanne”: Gesù si è appena
trasfigurato davanti a loro, un momento molto particolare che non succede spesso, una scena bellissima e profonda.
Pietro è distratto e si preoccupa di fare tre capanne, invece di contemplare quel momento così speciale. Gesù non dice niente a Pietro, ma permettetemi di prendermi l’indegna libertà di pensare cosa il Signore avrebbe detto all’apostolo: “Pietro, non è il momento di fare ma di contemplare, di stare in silenzio, di ascoltare. È il momento di lasciar parlare Dio”. Dopo questo passaggio si sente una voce proveniente dalla nube: “Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. Quante volte noi possiamo distrarci dalle cose da fare e non contemplare, non ascoltare le risposte che possiamo ricevere da Dio perdendoci momenti di trasfigurazione che portano con loro tante soluzioni per noi.
Commento francescano
San Francesco è un uomo che ha fatto maturare quel che ha visto sul “monte della spiritualità”. Egli vuole capire ciò
che ha scelto, non si butta senza riflettere. San Francesco, malgrado sia recluso in prigione dopo la guerra contro Perugia, è capace comunque di contemplare – nella sua “montagna spirituale”- nonostante la sofferenza: “[…] mentre i compagni muoiono dalla tristezza e maledicono la loro prigionia, Francesco esulta nel Signore, disprezza e irride le catene. Afflitti come sono, lo rimproverano di essere pieno di gioia anche nel carcere e lo giudicano svanito e pazzo. Ma Francesco risponde con tono profetico: «Di che cosa pensate che io gioisca? Ben altro è il mio pensiero: un giorno sarò
venerato come santo in tutto il mondo». In realtà è così: si è avverato completamente ciò che ha predetto” (FF 584). Dopo la liberazione dalla prigione Francesco inizia a fare esperienza di quello che aveva contemplato in reclusione: “Fu liberato dalla prigione poco tempo dopo e divenne più compassionevole con i bisognosi. Propose anzi di non respingere nessun povero, chiunque fosse e gli chiedesse per amore di Dio” (FF 585).
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