Beata incompiutezza
Mercoledì XXIII Settimana del Tempo Ordinario
1Cor 7,25-31 Sal 44 Lc 6,20-26
Nelle beatitudini, Gesù promette una felicità e dichiara un’infelicità. Queste due condizioni riguardano un “ora”: “Beati voi che ora… guai a voi che ora”. Il tempo presente, proprio quello che stiamo vivendo, è il nostro “ora”. Come la Parola mi trova “ora”? Gesù che parla alle folle sa bene che, chi ora lo ascolta con fiducia, lo fa perché è povero, bisognoso di gioia e di pace. Chi ora accoglie la sua parola, è perché affamato di pane e di salvezza, di perdono e di pienezza. La parola di Gesù non trova spazio in chi è già a posto così, sazio e appagato di tutto. Dice il salmista: “L’uomo nella prosperità non comprende” (Sal 48,13). Allora la nostra incompiutezza, le nostre povertà, così come le prove della vita, possono essere luoghi benedetti, se sono il punto di partenza per chiedere aiuto al Signore, per aggrapparci con forza alla sua salvezza.
Signore, usa le mie povertà come una porta per entrare, illuminare, trasformare la mia vita.
Dalla Leggenda Maggiore di San Bonaventura [FF 1118-1119]
«Sappiate, fratelli, che la povertà è una via speciale della salvezza, giacché è alimento dell’umiltà, radice della perfezione. Molteplici sono i suoi frutti, benché nascosti. Difatti essa è il tesoro nascosto nel campo del Vangelo: per comprarlo, si deve vendere tutto e si deve disprezzare tutto quello che non si può vendere. […] In nessun modo, infatti, rinuncia perfettamente al mondo colui che conserva nell’intimo del cuore lo scrigno del proprio sentire»
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