“Chi dite che io sia?” – “Tu sei… Tu sei…”
In quel tempo, Gesù, giunto nella regione di Cesarèa di Filippo, domandò ai suoi discepoli: «La gente, chi dice che sia il Figlio dell’uomo?». Risposero: «Alcuni dicono Giovanni il Battista, altri Elìa, altri Geremìa o qualcuno dei profeti».
Disse loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Rispose Simon Pietro: «Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente».
E Gesù gli disse: «Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, perché né carne né sangue te lo hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli. E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli».
Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. (Mt 16,13-20)
Domenica XXI del Tempo Oridnario – anno A – Siamo vicini alle sorgenti del Giordano, ai piedi del monte Ermon, nell’estremo nord d’Israele, quindi a un passo dal mondo pagano (v. 13). È proprio qui che Gesù fa un’inchiesta che lo riguarda direttamente, oggi la chiameremmo “un sondaggio di opinione”. Il maestro non domanda ai discepoli la loro opinione sul «discorso della montagna» (cf. Mt 5-7) o su qualche altra parte del suo operare, ma chiede cosa essi pensino circa la sua persona.
La domanda posta solennemente: «Voi chi dite che io sia?» (v. 15), mostra quanto per Gesù questo punto sia di importanza decisiva. Tutto il significato dell’evento Cristo dipende da chi egli è; al centro infatti non sta tanto il suo annuncio, quanto la sua persona.
Come accade spesso, Gesù usa una fine pedagogia: l’inchiesta parte in maniera generale, chiedendo il parere della gente comune (cf. v. 13). Le risposte sono varie: «Giovanni Battista» risuscitato e magari per questo capace di fare miracoli; «Elia», che molti pensavano sarebbe ritornato come profeta destinato ad annunciare la fine del mondo; e infine «Geremia» o «qualcuno dei profeti» perseguitati nel corso della lunga storia di infedeltà del popolo del Signore (v. 14). Con tutto ciò la gente dimostra di avere un’alta opinione di Gesù, ma non di riconoscerne la singolare posizione, l’unicità. Ed ecco che Gesù incalza: «E per voi io chi sono?» (cf. v. 15). Solo confessando la divinità di Cristo (cf. v. 16) il nostro atto di fede ha senso e completezza.
Al centro della parola di Dio di questa domenica c’è il rapporto del tutto speciale tra Gesù e Pietro. Esso ricalca la relazione tipica di ogni apostolo con il proprio maestro, una relazione più stretta e fiduciosa rispetto a quella della gente comune. Ma nel caso di Pietro il livello di legame e di empatia con Gesù raggiunge un valore più grande. Infatti, la maniera in cui gli apostoli consideravano il Signore poteva corrispondere a quella delle gente che li circondava. Nella loro comprensione limitata del mistero di Cristo anche molti di noi possono riconoscersi. «Geremia» ad esempio, come profeta innocente e sofferente, era certo una figura che annunciava un aspetto importante del mistero e del messaggio di Gesù. Così «Elia» con il suo potere di fare i miracoli corrispondeva alla capacità affascinante di fare il bene che il maestro aveva in misura straordinaria. Oppure «Giovanni Battista», predicatore coraggioso della verità, anche a costo della vita, preconizzava in Gesù l’eroismo di colui che sa morire per testimoniare la verità (cf. Mt 16,14). Tutti aspetti veri, ma parziali, del mistero di Cristo.
La risposta generosa e un po’ incosciente di Pietro coglie invece nel segno in maniera più certa. Tu sei ben più di un profeta, tu ci riveli il vero volto del Padre (cf. 16,16)! Gesù conferma la bontà della risposta, e per dar forza a tale riconoscimento cambia addirittura il nome di «Simone» in quello di «Pietro-Kefa» (16,18), cioè la «base solida», il «fondamento». [N.Marconi, Lezionario Commentato Festivo, vol. 13, Emp 2007]
La domanda sull’identità di Cristo/Dio è la domanda centrale per ogni credente.
Lo fu ovviamente anche per san Francesco d’Assisi che praticamente crebbe nella ricerca del discernimento spirituale accompagnato da questa pro-vocazione della domanda di Gesù agli apostoli. L’itinerario interiore attraverso il quale Francesco era solito passare dalla ripresa orante delle «parole» di Dio alla formulazione di nuove «lodi», è illustrato esemplarmente da quella pagina delle Considerazioni sulle sacre sante Istimate dove si racconta, a completamento del contesto di nascita delle Lodi autografe, che una notte di luna del settembre 1224 frate Leone si inoltrò nella selva della Verna, «e finalmente egli udì la voce di santo Francesco e, appressandosi, il vide stare ginocchioni in orazione con la faccia e con le mani levate al cielo, e in fervore di spirito sì dicea: ‘‘Chi sei tu, o dolcissimo Iddio mio? Che sono io, vilissimo vermine e disutile servo tuo?’’. E queste medesime parole pure ripetea, e non dicea niuna altra cosa» (FF 1915).
Di lì a poco l’animo estatico di Francesco verrà ricolmato della dolcezza della rivelazione nell’episodio delle stimmate. Allora Francesco potrà “esplodere” in un effluvio di risposte alla domanda interiore che Gesù fa a ciascuno di noi: “Ma voi, chi dite che io sia?”:
Tu sei santo, Signore solo Dio, che compi meraviglie. / Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo, / Tu sei onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra. / Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dèi, / Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, / Signore Dio vivo e vero. / Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, / Tu sei umiltà, Tu sei pazienza, / Tu sei bellezza, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. / Tu sei gaudio e letizia, Tu sei la nostra speranza, / Tu sei giustizia e temperanza, / Tu sei tutto, ricchezza nostra a sufficienza. / Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine. / Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore, / Tu sei fortezza, Tu sei rifugio. / Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede, / Tu sei la nostra carità, Tu sei tutta la nostra dolcezza, / Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, / Dio onnipotente, misericordioso Salvatore. (Lodi di Dio altissimo, FF 261)
Un altro passaggio curioso per Bibbia Francescana è tratto da un episodio accaduto a Terni, dove il Vescovo – ascoltato Francesco – lo encomia davanti al popolo come uno degli uomini santi mandati da Dio sin dai tempi in cui iniziò a piantare ed edificare la sua Chiesa con Simon Pietro:
Una volta, mentre Francesco predicava al popolo di Terni nella piazza davanti all’episcopio, il vescovo della città, uomo dotato di discrezione e spirituale, assisteva alla predica. Quando fu terminata, il vescovo si alzò e, fra altre parole di Dio che rivolse al popolo, disse anche questo: «Da quando cominciò a piantare e edificare la sua Chiesa (Mt 16,18), il Signore non ha mai cessato di inviare uomini santi, che la adornassero con la parola e con l’esempio. E in questi ultimi tempi egli ha voluto illuminarla per mezzo di questo poverello, uomo d’umile aspetto e senza cultura [e mostrava con il dito il beato Francesco a tutto il popolo]. Per questo siete tenuti ad amare e onorare il Signore, e a guardarvi dai peccati: poiché non ha fatto così con nessun popolo». Concluso che ebbe il discorso, il vescovo scese dal luogo dove aveva parlato ed entrò con il beato Francesco nella chiesa cattedrale. Allora il beato Francesco si inchinò davanti al vescovo e si prostrò ai suoi piedi dicendo: «In verità ti dico, signor vescovo, che finora nessuno mi ha fatto a questo mondo un onore grande come quello che oggi tu mi hai fatto. Gli altri dicono: ‘‘Questo e` un uomo santo!’’, attribuendo gloria e santità alla creatura e non al Creatore. Ma tu, da uomo discreto, hai separato la materia preziosa da quella vile». (Compilazione di Assisi, 10 : FF 1550)
Bella anche se fantasiosa l’interpretazione di un passo della pericope matteana offertaci da s.Antonio di Padova, francescano:
«“Gesù, rispondendo, disse a Pietro”, e in lui ha risposto a tutti: “Beato sei tu, Simone, figlio di Giona, Bar Iona, ecc.” (Mt 16,17). Bar significa “figlio”, e Giona s’interpreta “colomba”. Giusta-mente Pietro è chiamato “figlio della colomba”, perché seguiva il Signore con devota semplicità, oppure anche perché era ricolmo di grazia spirituale. Pietro dunque è chiamato figlio dello Spirito Santo, il quale si era mostrato in forma di colomba a colui che egli aveva proclamato Figlio del Dio vivente; e al figlio della colomba il Padre rivela il mistero di fede, che non potevano rivelare né la carne né il sangue, cioè gli uomini gonfi della sapienza della carne che non sono figli della colomba e quindi sono alieni dalla sapienza dello Spirito». (Sermoni, Sermone per la festa della Cattedra di S.Pietro, 6)
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