Cuori increduli
Sabato fra l’Ottava di Pasqua
At 4,13-21 Sal 117 Mc 16,9-15
Diceva il Cardinal Martini che ognuno di noi “porta in sé un non credente e un credente, che si parlano dentro, si interrogano a vicenda, si rimandano continuamente l’uno all’altro interrogazioni pungenti e inquietanti”. Diceva poi che la consapevolezza e sincerità di questo dialogo è sempre un segno di maturità umana.
Fin dai tempi della prima comunità cristiana, c’è una difficoltà nel credere alla Risurrezione. Non solo tra gli avversari di Gesù. Ma nel cuore stesso dei discepoli. Anche noi, cristiani del nostro tempo, siamo esposti al rischio dell’incredulità e della diffidenza. Queste nascono e prendono spazio in un cuore indurito, in un’eccessiva fiducia nei propri ragionamenti. Il Signore rimprovera i discepoli, ma non li abbandona. Tutt’altro! Li esorta a ricominciare e rimettersi in viaggio. E affida proprio a loro l’annuncio del suo Vangelo. Perché sa che la fede, se annunciata, diventa più forte.
Signore Risorto, aumenta la mia fede e fa che anche io, come Pietro e Giovanni, non tenga per me la ricchezza di “quello che ho visto e ascoltato”.
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura [FF 1173]
Il servo di Dio, con cuore intrepido rispose al Sultano che egli era stato inviato non da uomini, ma da Dio altissimo, per mostrare a lui e al suo popolo la via della salvezza e annunciare il Vangelo della verità. E predicò il Dio uno e trino e il Salvatore di tutti, Gesù Cristo, con tanto coraggio, con tanta forza e tanto fervore di spirito, da far vedere luminosamente che si stava realizzando con piena verità la promessa del Vangelo: Io vi darò un linguaggio e una sapienza a cui nessuno dei vostri avversari potrà resistere o contraddire.
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