Amati e messi nel mezzo
Mercoledì, II Settimana Tempo ordinario
Sam 18,6-9; 19,1-7 Sal 55 Mc 3,1-6
La mano, nella simbologia biblica, è la sede dell’agire, ma anche della responsabilità, della relazione con l’altro. La mano paralizzata è il segno della vita bloccata, ferma, chiusa in sé stessa. La rigidità impedisce alla mano di esprimere ciò per cui è stata creata. In questo racconto evangelico troviamo, come in un ritornello ripetuto, un contrasto costante: la volontà di vita contro la volontà di morte. Quest’ultima sostenuta fino in fondo dai farisei, che rattristano Gesù per la loro durezza di cuore. La volontà di vita, invece, che è volontà di bene e di amore, è assunta totalmente da Gesù. Lui vuole il bene per quell’uomo infermo, vuole il bene e la guarigione per tutte quelle infermità che ci impediscono di amare. Il Signore Gesù ha scelto di mettere in mezzo la nostra vita, sotto il suo sguardo di amore. Ha dato la sua vita perché noi avessimo la vita vera.
Padre buono, la tua volontà è sempre per la vita. Se l’accogliamo, anche noi saremo liberati da tutto ciò che ci paralizza e ci chiude in noi stessi.
Dalla Leggenda maggiore di San Bonaventura [FF 1217]
Una donna della città di Gubbio aveva tutt’e due le mani rattrappite e secche, tanto che non poteva assolutamente farne uso. Appena il Santo le fece il segno della croce nel nome del Signore, guarì così perfettamente che, tornata subito a casa, si mise a preparare con le proprie mani il cibo, come un tempo la suocera di Simone, a servizio di Francesco e dei poveri.
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