Incredulità benedetta
Martedì, Feria propria del 24 dicembre
Sam 7,1-5.8-12.14.16 Sal 88 Lc 1,67-79
La preghiera di Zaccaria caratterizza la preghiera mattutina della chiesa. È come se il Signore ci chiedesse di entrare nelle nostre giornate con la logica di lode e fiducia che anima questa preghiera.
Possiamo sottolineare due semplici aspetti.
Nella nostra vita abbiamo la certezza della visita del Signore, con i suoi tempi, certo. Sta a noi, ogni giorno, essere attenti ai segni che parlano di Lui e che, gradualmente, conducono alla libertà il nostro cuore e sollecitano le nostre azioni verso una fecondità evangelica.
Inoltre spicca il tema della lode, della benedizione. La volontà di lodare parte dalla capacità di far tesoro della storia, anche della propria incredulità redenta, come è stato per Zaccaria.
Inoltre, questa sera, questa notte, sarà la notte in cui con Zaccaria possiamo dire: “Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo”. Con lui confessiamo con forza e desiderio che vogliamo vivere nella via della pace e della luce, secondo la volontà buona di Dio.
Signore Gesù, che vieni a visitarci, donaci l’umiltà di offrirti la nostra povertà.
Dalla Vita prima di Tommaso da Celano [FF 522,470]
Era davvero molto occupato con Gesù. Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra. Spesso, quando voleva nominare Cristo Gesù infervorato di amore celeste lo chiamava «il Bambino di Betlemme», e quel nome «Betlemme» lo pronunciava riempiendosi la bocca di voce e ancor più di tenero affetto, producendo un suono come belato di pecora. E ogni volta che diceva «Bambino di Betlemme» o «Gesù», passava la lingua sulle labbra, quasi a gustare e trattenere tutta la dolcezza di quelle parole.
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