I fedeli nell’amore
Martedì XXXII Settimana del Tempo ordinario
Sap 2,23-3,9 Sal 33 Lc 17,7-10
San Giosafat, vescovo e martire
Una delle novità del libro della Sapienza è la prospettiva di speranza che il saggio ebreo, autore dell’opera, apre ai noi che lo leggiamo. Dice che c’è per il giusto una speranza “piena di immortalità”. Resta il fatto che, in vita, debba passare per la sofferenza e la morte. La speranza non può stare allora solo nel dopo, ma chiede di trovare spazio anche mentre c’è un fatto doloroso. L’autore del libro della Sapienza sembra suggerire tre risposte. Ogni sofferenza può essere vista come un passaggio verso un bene più grande; inoltre la prova mette in luce il vero valore di una persona perché nella sofferenza capiamo che persone siamo. Infine la sofferenza può divenire offerta, un dono per qualcun altro. Ognuna di queste affermazioni dice qualcosa di molto vero, ma non spiega in modo definitivo il senso profondo della sofferenza. La via per cercare la risposta ci viene veramente solo dalla croce di Cristo. Il mistero della sofferenza non trova altra logica se non in quella di una vita donata per amore, rimanendo fedeli nell’amore presso di Lui. Come servi che si abbandonano all’amore di Dio, proprio perché scelti e ricoperti di Grazia e misericordia. È lui che agisce in noi: per questo possiamo essere gioiosamente servi inutili, gratuiti e liberi anche nel dolore.
Donaci, o Padre, di non esitare a dare la vita per i fratelli, a qualsiasi costo.
Dalle Ammonizioni [FF 162]
Il servo di Dio non può conoscere quanta pazienza e umiltà abbia in sé finché gli si dà soddisfazione. Quando invece verrà il tempo in cui quelli che gli dovrebbero dare soddisfazione gli si mettono contro, quanta pazienza e umiltà ha in questo caso, tanta ne ha e non più.
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