Pastore e Porta
Lunedì IV Settimana di Pasqua
At 11,1-18 Sal 41 Gv 10,1-10
“Pastore” in ebraico deriva dalla radice raah, che significa alimentare, dare nutrimento. Il pastore dunque, prima è in primo luogo colui che dona alle sue pecore il nutrimento. Un nutrimento che è vita in abbondanza: è l’essere conosciuti, chiamati per nome, amati in modo sovrabbondante e unico, “condotti fuori” da ciò che ci chiude e ci separa dal trovare pascolo. Gesù è prima di tutto Colui che viene a prendersi cura di noi. Il suo parlare, il suo chiamarci, il suo spingerci fuori sono i gesti che ci parlano dl suo amore per noi.
E la voce di chi si prende cura di noi diviene familiare e attraente, capace di metterci in moto e spingerci anche dove non avremmo mai immaginato di poter arrivare. E così Gesù si mostra anche come la porta, come Colui attraverso il quale passare per “trovare pascolo”. Lui ci dona la sua vita perché noi possiamo far nostra la Sua. È la vita di Gesù quella che dobbiamo attraversare, il suo mistero di incarnazione, passione, morte e risurrezione è la porta attraverso la quale passare per trovare vita in abbondanza.
“Rendete grazie al Signore perché è buono, perché il suo amore è per sempre!”
Dalle Ammonizioni [FF 155]
Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce.
Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribolazione e persecuzione nell’ignominia e nella fame, nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna.
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