Domenica 12 maggio 2019, IV DI PASQUA
Dal Vangelo
Giovanni 10,27-30
In quel tempo, Gesù disse: «Le mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperà dalla mia mano. Il Padre mio, che me le ha date, è più grande di tutti e nessuno può strapparle dalla mano del Padre. Io e il Padre siamo una cosa sola».
Dalle Fonti
Regola non bollata XVI,1-10: FF 42-43
Dice il Signore: Ecco, io vi mando come pecore in mezzo ai lupi. Siate dunque prudenti come serpenti e semplici come colombe (Mt 10, 6). Perciò quei frati che, per divina ispirazione, vorranno andare fra i Saraceni e altri infedeli, vadano con il permesso del loro ministro e servo. Il ministro poi dia loro il permesso e non li ostacoli se vedrà che essi sono idonei ad essere mandati; infatti dovrà rendere ragione al Signore, se in queste come in altre cose avrà proceduto senza discrezione. I frati poi che vanno fra gli infedeli, possono ordinare i rapporti spirituali in mezzo a loro in due modi. Un modo è che non facciano liti o dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani. L’altro modo è che, quando vedranno che piace al Signore, annunzino la parola di Dio perché credano in Dio onnipotente Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose, e nel Figlio Redentore e Salvatore, e siano battezzati, e si facciano cristiani, poiché, se uno non rinascerà per acqua e Spirito Santo non potrà entrare nel regno di Dio.
Alla vita
E’ molto bella l’immagine delle pecore sia come oggetto di cura da parte del Pastore che come parti attive nel processo di evangelizzazione. La pecora, animale mite ed obbediente, dà l’idea delle caratteristiche del discepolo e dell’annunciatore del Vangelo. Coloro che portano la buona notizia sono miti e umili ma anche decisi e coraggiosi! Dove il discepolo attinge tali caratteristiche? E’ proprio la guida del pastore che porta le pecore a muoversi in un certo modo e lo stesso vale per noi. La certezza di essere custoditi, amati, desiderati è fonte di sicurezza per l’uomo e quando questa percezione è costante e stabile permette al discepolo di ridonare la stessa stabilità e costanza. La fonte è esterna all’uomo ma diventa interna perché introiettata nella relazione con Gesù! Tale dinamismo consente la stessa decisione e intraprendenza sia nei discepoli di Gesù che nei seguaci di Francesco. Annunciare il Regno, di fatto, non è altro che vivere la propria vita in pienezza, nel mondo pur non essendo del mondo, avendo un senso forte di appartenenza ad un Altro, a Lui. Come il Padre e Gesù sono una cosa sola, anche noi e Gesù possiamo esserlo. L’annuncio del Regno, la vita del Regno è la normalità divinizzata dalla Sua presenza, reale e concreta!
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