Benevolenza irrevocabile
Martedì V Settimana di Pasqua
At 14,19-28 Sal 144 Gv 14,27-31
La parola “pace” nella Scrittura, è sinonimo di pienezza della vita umana, della gioia, della libertà e dell’amore; comprende il desiderio dell’integrità del corpo, pienezza di bene nel rapporto con Dio, con gli altri e con sé stessi.
Gesù ci lascia la sua pace perché Gesù è diventato per noi il sì immutabile di Dio al mondo. Quando Gesù dice «Vi lascio la pace, vi do la mia pace», possiamo comprenderlo così: Dio in Gesù Cristo ha voluto farci conoscere il suo atteggiamento di benevolenza irrevocabile nei nostri confronti; di perdono che mai si stanca. Dio si dona sempre a noi: questa è la fonte della pace.
Se noi diciamo a qualcuno “pace a te”, la nostra parola è un augurio, buono senz’altro, può dare un poco di gioia, di sorriso. È importante, ma rimane poca cosa rispetto alla pace di Gesù. Quando è Lui a dire “pace a te”, la pace può avvenire davvero, perché la sua è una parola creatrice e nasce dal dono radicale. Può avvenire in noi la pace se accogliamo questo augurio efficace, lasciando che ci insegni cosa significhi perdere la vita per amore.
Canti la mia bocca la lode del Signore e benedica ogni vivente il suo santo nome, in eterno e per sempre.
Dalla Vita prima di Tommaso da Celano [FF 359]
In ogni suo sermone, prima di comunicare la parola di Dio al popolo, augurava la pace, dicendo: “Il Signore vi dia la pace!” (2Ts 3,16). Questa pace egli annunciava sempre sinceramente a uomini e donne, a tutti quanti incontrava o venivano a lui. In questo modo otteneva spesso, con la grazia del Signore, di indurre i nemici della pace e della propria salvezza, a diventare essi stessi figli della pace e desiderosi della salvezza eterna.
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