Un cammino benedetto: ritornare in sé
Sabato II Settimana di Quaresima
Mi 7,14-15.18-20 Sal 102 Lc 15, 1-3.11-32
Una parabola tanto nota, eppure sempre nuova e consolante per la nostra vita. Il figlio dissoluto si allontanò. Dissoluto: senza salvezza, senza soluzione. Ma nel buio, ritornò in sé: ciò che di più bello e vero ci possa capitare. Quando ritorniamo in noi stessi, accompagnati dalla grazia di Dio, troviamo la nostra verità più profonda, la nostra appartenenza, la nostra vera casa. Troviamo il Padre che, da sempre, ci vuole e ci chiama. E ci accorgiamo che non faceva altro che attenderci. Non vuole neanche ascoltare il discorso di scuse preparato, ma solo riabbracciarci e ricoprirci di dignità e di bellezza: anche quella che, nell’andare dietro alle nostre illusioni di libertà, avevamo perduto. Davvero questa è una parabola che continuamente parla alla mia vita, e mi dice la verità più consolante: sono figlio voluto, atteso e amato da sempre.
Quanto dista l’oriente dall’occidente, così tu Signore allontani da me le mie colpe.
Dalla Vita Seconda di Tommaso da Celano [FF 588]
Francesco seguiva i compagni di un tempo, tenendo in mano come signore lo scettro. Ma poiché da tempo con tutto l’animo si era reso completamente sordo a quelle voci e cantava in cuor suo al Signore, se ne distaccò a poco a poco anche col corpo. Allora fu inondato di tanta dolcezza divina, da non potersi assolutamente muovere né parlare. Lo pervase un tale sentimento interiore che trascinava il suo spirito alle cose invisibili, facendogli giudicare di nessuna importanza, assolutamente frivola ogni cosa terrena.
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