Theotókos
Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio. (Gal 4,4-7)
1 Gennaio – Maria Santissima Madre di Dio – In questo brevissimo testo cristologico san Paolo presenta il mistero dell’incarnazione. Il conciso accenno, nel v. 4, a Gesù, «nato da donna», illumina e nello stesso tempo lascia nell’anonimato la figura della madre del Salvatore. Con la nascita del Messia da lungo atteso entriamo nella «pienezza del tempo».
«Nato da donna» (v. 4). Così si parla, forse per la prima volta nel Nuovo Testamento, della madre di Gesù. Il vangelo ce ne rivelerà il nome: Maria (cf. Mt 1,16.18; Lc 1,26). Se i pensieri di pace che il Signore nutre da sempre nei confronti dell’uomo hanno potuto realizzarsi, è perché questa donna ha dato il suo consenso all’azione divina. Nulla di apparentemente più semplice e normale di un bambino che viene alla luce, ma nulla – in questo caso – di più vertiginoso: Dio si immerge nella povertà della condizione umana e una fanciulla acconsente che il suo corpo divenga tempio della divina presenza. Maria resterà per sempre «madre», madre dell’uomo Cristo Gesù e Madre del Dio Altissimo (Theotókos, in greco). Il suo grembo è il luogo in cui si incontrano l’immensità di Dio e la piccolezza e la fragilità della creatura umana. È questo il «mirabile scambio» che muta il nostro destino, perché ora anche la più povera carne umana racchiude il tesoro di un seme d’eternità.
Ci volle un concilio, il concilio di Efeso (431 d.C., il terzo concilio ecumenico), perché la Chiesa facesse discernimento su questa verità e la indicasse corretta e degna della contemplazione dei credenti:
«Noi quindi confessiamo che il nostro Signore Gesù Figlio unigenito di Dio, è perfetto Dio e perfetto uomo, (composto) di anima razionale e di corpo; generato dal Padre prima dei secoli secondo la divinità, nato, per noi e per la nostra salvezza, alla fine dei tempi dalla vergine Maria secondo l’umanità; che è consostanziale al Padre secondo la divinità, e consostanziale a noi secondo l’umanità, essendo avvenuta l’unione delle due nature. Perciò noi confessiamo un solo Cristo, un solo Figlio, un solo Signore. Conforme a questo concetto di unione inconfusa, noi confessiamo che la Vergine santa è Madre di Dio (Theotókos), essendosi il Verbo di Dio incarnato e fatto uomo, ed avendo unito a sé fin dallo stesso concepimento, il tempio assunto da essa» (*).
Il brano della lettera ai Galati che la liturgia ci propone come seconda lettura è un passaggio della missiva mandata da san Paolo ai credenti della Galazia: secondo gli studiosi tale lettera venne scritta proprio ad Efeso, ma moltissimi anni prima del concilio omomimo: verso l’anno 54 d.C. E’ questa pertanto la prima traccia ‘archeologica’ che troviamo nel Nuovo Testamento della menzione che il Figlio di Dio è nato da una donna. Le narrazioni evangeliche di Matteo e Luca sono molto più tardive nella loro composizione (Matteo circa 80 d.C.; Luca circa 85 d.C.) e per questo molto più complete riguardo il ruolo di Maria, che san Paolo non cita nemmeno nel nome.
Francesco d’Assisi vive la fede nella Madre di Dio:
«Ave, Signora, santa regina, / santa Madre di Dio, Maria, / che sei vergine fatta Chiesa / ed eletta dal santissimo Padre celeste, / che ti ha consacrata / insieme col santissimo suo Figlio diletto / e con lo Spirito Santo Paraclito; / tu in cui fu ed è / ogni pienezza di grazia e ogni bene. / Ave, suo palazzo. / Ave, suo tabernacolo, / ave, sua casa. / Ave, suo vestimento, / ave, sua ancella, / ave, sua Madre. / E saluto voi tutte, sante virtù, / che per grazia e illuminazione dello Spirito Santo / venite infuse nei cuori dei fedeli, / perché da infedeli / fedeli a Dio li rendiate» (Francesco d’Assisi, Saluto alla beata Vergine Maria, FF 259).
E questa fede diventa devozione significativa nella vita dell’assisiate:
«Poi Francesco si trasferì nella località chiamata la Porziuncola, dove c’era un’antica chiesa costruita in onore della Beata Vergine Madre di Dio, ormai abbandonata e non curata da nessuno. Vedendola il santo di Dio in quel misero stato, mosso a compassione, anche perché aveva grande devozione per la Madre di ogni bontà, vi stabilì la sua dimora e terminò di ripararla: era il terzo anno della sua conversione» (Tommaso da Celano, Vita prima, 21 : FF 355).
«Nella chiesa della Vergine Madre di Dio dimorava, dunque, il suo servo Francesco e supplicava insistentemente con gemiti continui Colei che concepì il Verbo pieno di grazia e di verità, perché si degnasse di farsi sua avvocata; e per i meriti della Madre della misericordia egli stesso concepì e partorì lo spirito della verità evangelica» … «Dopo questi avvenimenti Francesco, pastore del piccolo gregge, guidato dalla grazia divina, condusse i suoi dodici frati a Santa Maria della Porziuncola, perché voleva che l’Ordine dei minori crescesse e si sviluppasse, con l’aiuto della Madre di Dio, là dove, per i meriti di lei, aveva avuto inizio» … «Erano passati due anni dall’impressione delle stimmate e vent’anni dalla sua conversione: egli chiese che lo portassero a Santa Maria della Porziuncola, giacché voleva pagare il suo debito alla morte e avviarsi al premio della ricompensa eterna proprio là dove, ad opera della Vergine Madre di Dio, aveva concepito lo spirito di perfezione e di grazia». (Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda maggiore, III,1 : FF 1051; IV,5 : FF 1072; Legenda Minore, 7, lezione III : FF 1386).
Ci vorrà poi il genio di un poeta, Dante Alighieri, da molti ritenuto un Terziario francescano, per sciogliere nella poesia il nodo di una donna madre del suo creatore:
«Vergine Madre, figlia del tuo figlio, / umile e alta più che creatura, / termine fisso d’etterno consiglio,
tu se’ colei che l’umana natura / nobilitasti sì, che ‘l suo fattore / non disdegnò di farsi sua fattura.
Nel ventre tuo si raccese l’amore, / per lo cui caldo ne l’etterna pace / così è germinato questo fiore.
Qui se’ a noi meridïana face / di caritate, e giuso, intra ‘ mortali, / se’ di speranza fontana vivace.
Donna, se’ tanto grande e tanto vali, / che qual vuol grazia e a te non ricorre, / sua disïanza vuol volar sanz’ ali.
La tua benignità non pur soccorre / a chi domanda, ma molte fïate / liberamente al dimandar precorre.
In te misericordia, in te pietate, / in te magnificenza, in te s’aduna / quantunque in creatura è di bontate […]» (Paradiso · Canto XXXIII).
[parafrasi: Vergine madre, figlia del tuo figlio, la più umile e la più alta di tutte le creature, termine immutabile del decreto divino (per la redenzione dell’umanità), tu sei colei che nobilitasti tanto la specie umana, che il suo Creatore non disdegnò di farsi umana creatura. Nel tuo ventre si accese l’amore (di Dio per gli uomini) per il cui calore è germogliata nell’eterna pace del paradiso la rosa dei beati. In cielo sei, per noi beati, una fiaccola di carità ardente come sole meridiano, e in terra, fra i mortali, sei sorgente inesauribile di speranza. Signora (donna: dal latino domina, “padrona”, “signora”), sei tanto grande e hai tanto potere (presso Dio), che chiunque voglia la grazia divina e non ricorra a te, nutre un desiderio vano, come di chi voglia volare senza ali. La tua bontà non solo viene in aiuto a chi l’invoca, ma molte volte previene spontaneamente la preghiera. In te si raccolgono misericordia, pietà, munificenza, tutto ciò che di buono può esserci in una creatura].
(immagine: Mosaico dell’entrata sudoccidentale dell’ex basilica Hagia Sophia di Costantinopoli (Istanbul, Turchia) La Vergine Maria “Madre di Dio” [sigla in greco ΜΡ ΘΥ] è in piedi nel mezzo, tenendo in grembo il Bambino Gesù. Alla sua destra si trova l’imperatore Giustiniano I, che offre un modello della Basilica di Santa Sofia. Alla sua sinistra, l’imperatore Costantino I, presentando un modello della città)
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