Mistici dagli occhi aperti (capp. XI e XII della Regola di santa Chiara d’Assisi)
Nella Regola (o Forma Vitae) di Chiara d’Assisi la clausura è trattata nel quinto e nell’undicesimo capitolo. Quest’ultimo in particolare è volto a regolare l’entrata di estranei in monastero e presenta diverse indicazioni relative alla custodia delle porte e alla cura perché ad entrare siano poche persone fidate e in tempi determinati della giornata. L’ultimo capitolo della Regola, invece, è dedicato a quelle figure che hanno il compito di sostenere e custodire dall’esterno la vita delle Sorelle, ossia il visitatore, il cappellano, la fraternità dei Frati – per Chiara inscindibilmente legata con la sua comunità – e il cardinale <<governatore, protettore e correttore>> del monastero (RsC 12,12: FF 2810). Il riferimento a quest’ultimo in particolare è motivato dalla volontà di osservare per sempre il santo Vangelo e di vivere in assoluta fedeltà alla madre Chiesa.
I capitoli V e XI sembrano voler racchiudere il cuore della Regola, in cui si dispiega il dono della vocazione, ricevuta dal Padre delle misericordie (cf. TestsC 2: FF 2823).
Chiara scrive accogliendo sostanzialmente le norme papali, ma non mancano puntualizzazioni che lasciano trasparire la sua sensibilità verso la cura della vita interiore e della vita fraterna. Ella desidera difendere le sorelle da contatti non necessari e custodire uno spazio sacro di intimità in cui, attraverso il silenzio, si coltiva e si vive anzitutto la comunione con Dio. Talvolta ridotto ad elemento ascetico e penitenziale, il silenzio è mezzo necessario all’ascolto di quel «sussurro di brezza soave» (cf. 1Re 19,12-13) in cui il Signore parla.
Chiara d’Assisi crea le condizioni perché le parole cedano il passo alla Parola.
A partire da questa relazione con Dio che, nella persona di Gesù Cristo, «ha posto la sua tenda tra noi» (cf. Gv 1,14), anche la vita fraterna ne risulta quotidianamente rigenerata e rinsaldata in un vincolo di mutua appartenenza.
Contemplativi sono tutti coloro che decidono di coltivare una relazione personale con l’Altissimo, onnipotente, bon Signore. Egli si rende presente nella storia di ogni uomo, negli avvenimenti e nella creazione, che di lui porta significazione (Cant 1.5: FF 263). Ogni credente è chiamato a riconoscerlo in tutte le cose e a sperimentare il mondo come riflesso della sua bellezza e della sua bontà. Siamo tutti chiamati ad essere dei mistici dagli occhi aperti (J. Baptist Metz)!
Mettiamoci ogni giorno in ascolto di questo Dio in costante ricerca dell’uomo, per poter accogliere, custodire e generare «Colui che i cieli non possono contenere» (3LAg 22: FF 2892). Come ha fatto Maria, Vergine dell’ascolto.
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