Gioia a modo di Dio
Giovedì VI Settimana di Pasqua
At 18,1-8 Sal 97 Gv 16,16-20
Gesù parla di un tempo in cui non lo vedranno più e di un tempo in cui lo vedranno, perché egli va al Padre. Queste parole, come spesso succede nel vangelo di Giovanni, possono avere più applicazioni. Le pronuncia nel discorso dopo l’ultima cena, immediatamente prima dell’inizio della passione. Una prima applicazione è proprio alla sua passione e morte seguita dalla risurrezione. Possiamo pensare anche al mistero dell’ascensione e della pentecoste nella quale ci viene donata una nuova presenza del Signore.
Ma c’è anche una terza applicazione delle parole del Signore che noi siamo chiamati a vivere più volte nella nostra vita. Possiamo dire che assenza-presenza sia il ritmo della vita spirituale, e ogni volta la presenza ci viene donata in una forma nuova. Quante volte dopo la presenza di Gesù che ci semplifica e ci allieta avvertiamo come se lui si sottraesse a noi. La pace sembra svanire e le cose della vita sembrano complicarsi: abbiamo l’impressione di una rottura. Allora dobbiamo ricordarci: “ancora un poco e mi vedrete”, perché in realtà sta preparando una crescita nella relazione con lui. Ascoltiamo le sue parole: “la vostra tristezza si cambierà in gioia”. Non è una sostituzione, un lasciare il posto… (come forse vorrebbe la gioia “a modo mio”), ma la stessa tristezza diventerà gioia. Tra la croce di Gesù e la sua risurrezione non c’è solo una successione cronologica: è il dono d’amore sulla croce che ci ha dato la gioia della vita nuova. Quello che è vero per il mistero della croce di Cristo è vero anche per le nostre prove: è dalla stessa prova che sorge la gioia, se rimaniamo fedeli all’amore nel tempo della tristezza, grazie all’amore che Dio stesso ci dona.
Padre buono, tu muti il lamento in danza: donaci fede nel “mistero della tua gioia”.
Della vera e perfetta letizia [FF 278]
Se avrò avuto pazienza e non mi sarò inquietato, in questo è vera letizia e vera virtù e la salvezza dell’anima.
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