Chiara abbadessa… per forza: «sia la serva di tutte le sorelle» (capitoli IX-X della Regola)
Si legge al cap. X della Regola di santa Chiara: «L’abbadessa poi abbia tanta familiarità nei loro riguardi [le sorelle], che possano parlarle e trattare con lei come le signore con la propria ancella: perché così dev’essere, che l’abbadessa sia l’ancella di tutte le sorelle» (RsC 10,4-5: FF 2808).
Questa frase esprime con chiarezza il pensiero di Chiara riguardo all’abbadessa. Da esperienza propria Chiara sapeva bene con quanta arroganza le padrone si rivolgevano alle serve nelle case signorili, pertanto ha voluto rovesciare questo modello: l’abbadessa deve accettare di essere trattata dalle sue consorelle come una serva. Già Francesco aveva rifiutato il lessico del I° millennio: Abate, Superiore… nel vangelo si parla di non ergersi a maestri o capi: «Voi siete tutti fratelli» (Mt 23,8). Pertanto Francesco parla di fratres , frati minori, guidati da un “guardiano”, un “custode”, oppure, un “ministro”. Ministrare significa servire, ma servire nei lavori domestici, quelli più bassi e umili, come la Marta evangelica che si lagnava con il Signore perché la sorella Maria l’aveva lasciata sola a “ministrare”.
Chiara nella sua Regola dipinge il ruolo dell’abbadessa proprio come quello della serva, ovvero della “famula” (femminile di “minister”), che non rifugge dall’impegnarsi nelle attività domestiche più umili. Più che abbadessa (termine non scelto, ma imposto: per ben tre anni rifiutò questo titolo), Chiara è sorella e serva delle damianite; a S. Damiano dà origine ad una vita di comunione, di sororità in cui si mostra “la minore” tra le sorelle. Era lei a lavare i piedi delle sorelle servienti, lei a servire a tavola “ministra della minestra”, lei accanto alle sorelle malate per accudirle, consolarle fino a guarirle.
Chiara vuole un’abbadessa «sufficiente al servizio e alla comune utilità delle sorelle» (RsC 4,7: FF 2775); una sorella che presiede alle altre «più con le virtù e la santità della vita che per ufficio» (RsC 4,10: FF 2776), una sorella che preceda le altre, le visiti provveda loro con tenerezza e sapienza.
«Salvaguardi la vita comune in tutto» (RsC 4,13: FF 2779): in chiesa (senza trono abbaziale), in dormitorio (senza camera lussuosa e cameriera), in refettorio (sottostando al regime comunitario del cibo), in infermeria e nel vestirsi (ivi) ; perfino nel capitolo delle colpe si accusi umilmente come le altre (RsC 4,16: FF 2780).
Chiara “ammonisce, avverte, corregge, impone penitenza, ma, con umiltà e carità, con misericordia, senza indurirsi o turbarsi a causa di qualche peccato. E, quando chiede obbedienza, sa che solo l’obbedienza nella libertà e per amore è quella vera gradita a Dio, capace di produrre umiltà, carità, umanità” (cf. TestsC 67-70: FF 2849).
S. Damiano è un segno profetico, dove l’autorità è serva della comunione, chiede obbedienza ma mai contro la propria coscienza, né contro l’evangelo; una autorità che narra la misericordia e la consolazione divina. Le sorelle, “ciò che il Signore le ha dato” (cf. TestsC 25: FF 2831), sono il primo dono di Dio, esse fanno della comunità di S. Damiano una vera e santa koinonia, vissuta in altissima povertà.
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