Ostinata pazienza
Venerdì II Settimana di Quaresima
Gen 37,3-4.12-13.17-28 Sal 104 Mt 21,33-43.45
Il padrone e i contadini sono gli unici personaggi della parabola che agiscono e parlano. Dei servi e del figlio si narra la sorte che subiscono, ma di loro non viene riportato né un gesto né una parola. La storia infatti si svolge tra il padrone e i contadini. Il padrone ha la parola per primo e per ultimo: sua è l’iniziativa di piantare una vigna (e circondare, scavare, costruire, affidare) e poi di inviare i servi, sua è anche la decisione finale di punire i contadini. Fra questi due punti, che appartengono esclusivamente al padrone, sono descritte due ostinazioni: da una parte il ripetuto tentativo del padrone di ottenere i frutti della sua proprietà, dall’altra il testardo rifiuto dei contadini di darglieli. Il Signore dunque nella sua infinita pazienza fa un ultimo tentativo: decide di inviare suo figlio, che ha più autorità dei servi. I servi della parabola, come i profeti di Israele, come Gesù non sono rifiutati, percossi e uccisi in ragione di qualche loro pretesa personale, ma unicamente perché inviati dal Padre. Ecco perché Gesù li fa agire senza parole e senza gesti: è l’amore del Padre che parla in loro.
Gesù, pietra angolare, vogliamo fidarci di te e affidare a te la vita che tu ci hai donato
Dalle Ammonizioni [FF162]
Il servo di Dio non può conoscere quanta pazienza e umiltà abbia in sé, finché gli si dà soddisfazione. Quando invece verrà il tempo in cui quelli che gli dovrebbero dare soddisfazione gli si mettono contro, quanta pazienza e umiltà ha in questo caso, tanta ne ha e non di più.
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