Z come… zizzania!
«Il Lolium temulentum (o loglio ubriacante, più conosciuto come zizzania), è una specie botanica annua del genere Lolium, spontanea e infestante fra le messi, con fiori a spiga rossa. La pericolosità di questa pianta infestante è ben nota fin dai tempi antichi, soprattutto per l’alto potere intossicante. Infatti, il termine temulentum (ubriacante) è riferito agli effetti derivanti dall’ingestione di farine contaminate da funghi del genere Claviceps, produttori di alcaloidi tossici, che possono provocare forti emicranie, vertigini, vomito ed oscuramento della vista». Così recita la voce di wikipedia. Ed effettivamente, l’antipatica erbetta è diventata ben presto e un po’ ovunque sinonimo di “erbaccia infestante”, di “rovina feste” e “intrusa”, di “opera demoniaca”. Di volta in volta, magari anche attribuendole vizi o colpe che non ha, confondendola con la gramigna (Agropyrum repens) o con qualsiasi altra erba pretenda di trovare spazio tra i nostri fiori e ortaggi.
Una buona parte della sua cattiva fama la deve senz’altro alla famosa parabola evangelica: «Il regno dei cieli è simile a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma, mentre tutti dormivano, venne il suo nemico, seminò della zizzania in mezzo al grano e se ne andò. Quando poi lo stelo crebbe e fece frutto, spuntò anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: “Signore, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene la zizzania?”. Ed egli rispose loro: “Un nemico ha fatto questo!”. E i servi gli dissero: “Vuoi che andiamo a raccoglierla?”. “No, rispose, perché non succeda che, raccogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Raccogliete prima la zizzania e legatela in fasci per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio”» (Mt 13,24-31). Il latino zizania è un calco esatto della parola greca ζιζάνια, di sconosciuta etimologia: forse arriva addirittura al sumerico zizan, nel senso di grano. A dire quanto sia antica la faccenda che la parabola evangelica racconta (di qualcosa del genere si era già lamentato Giobbe: Gb 31,40)! Non si può dire che Gesù non rischiasse qualche incomprensione, parlando a contadini che della questione se ne intendevano e bene. Sicuramente a noi ne viene un invito all’attesa e alla speranza, nonché alla pazienza. Forse che anche l’erba cattiva potrà mai avere un suo posto e un suo senso evangelico nei giardini delle nostre vite?
Così sembrerebbe pensarla san Francesco, che «ordina che l’ortolano lasci incolti i confini attorno all’orto, affinché a suo tempo il verde delle erbe e lo splendore dei fiori cantino quanto è bello il Padre di tutto il creato» (2Cel 165: FF 750). Perché anche tra le erbacce si può alfine trovare il prezzemolo desiderato e tanto necessario in cucina (2Cel 51: FF 637), o addirittura di che offrire merenda a madonna Povertà: «Chiese le fossero servite almeno delle erbe aromatiche crude. Ma non avendo ortolano e non sapendo di orto, raccolsero nel bosco delle erbe selvatiche e gliele posero davanti» (SCom 62: FF 2021)…
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/85)
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