sguardi francescani – sguardi giovani – sguardi nuovi#8 Epilogo
Beati invece i vostri occhi perché vedono! [Mt 13,16]
Lo sguardo di Francesco sul mondo è sempre semplicemente “poetico”;
sembra umilmente rifare il reale,
come un bambino quando dà il primo nome alle cose.
Francesco inventa la poesia come nuova «lingua dei fratelli».
[BB Francescana, pag. 23]
Siamo partiti ad aprile (Sguardi#1 – Introduzione). Abbiamo percorso insieme nove mesi. Abbiamo cercato di immedesimarci dentro uno sguardo. Abbiamo frugato fra quelle pupille, abbiamo spiato vissuti e sentimenti. Abbiamo tentato.
Abbiamo accompagnato un giovane al lavoro (Sguardi#2), nel mezzo del mattino, gustandoci la sua benedizione che vede la vita come un tesoro.
Abbiamo condiviso la sofferenza di un litigio (Sguardi#3), pur stando a distanza.
Abbiamo sfogato la rabbia di una delusione (Sguardi#4), e lasciato che il Signore la sciogliesse con il suo stupirci.
Abbiamo corso in un parco (Sguardi#5), scoprendo stelle che sorridono, e poi,
dentro ad un treno (Sguardi#6), ci siamo sorpresi ad agire oltre noi stessi.
Abbiamo infine anche ascoltato storie, seduti ad un tavolo di un bar (Sguardi#7), scoprendo che cercavamo solo normalità.
Soprattutto abbiamo scoperto quanto le stesse cose di sempre possano nascondere prospettive diverse, liberanti, vivificanti, inaspettate. Tutto questo attraverso occhi semplici, comuni, persino banali.
Ci è venuto naturale confrontare questi sguardi con i nostri, che così spesso, proprio oggi, proprio pochi minuti fa, davvero non l’hanno vista tutta questa benedizione, tutta questa pace…
«Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, quello che porta alla pace!
Ma ora è stato nascosto ai tuoi occhi». [Lc 19,42]
Certo, sappiamo bene che c’è solo Uno al mondo che può aprirci gli occhi, solo Uno capace di cambiare il nostro sguardo, solo Uno che sa come “ridare la vista ai ciechi”: il Signore. Francesco non ha avuto occhi che per Lui, e solo attraverso gli occhi di Lui vedeva ogni altra cosa.
Allora non possiamo che lasciare che il Signore, oggi, ora, ci dica:
«Lascia che ti spacchi gli occhiali
e che me ne vada
mentre ti costringi
ai tentoni
e rispetti gli spigoli
e consideri i lividi
e tutto è corsia d’emergenza
e la punta dei piedi
avventura.
Per chi non tasta
o non tasta meglio
sarà sempre
e comunque
trifoglio.
Lascia che ti spacchi gli occhiali
che con il tacco
ti sbricioli
la lente
con lenta
misurata
crudeltà generosa
e non avere fretta
a ringraziarmi
lo farai
piano piano
non appena
riuscirai
a vedermi». [Ligabue, Lettere d’amore nel frigo, p. 155]
Sì, Signore. Spaccaci gli occhiali. Cambiaci gli occhi.
Vogliamo lasciartelo fare.
È vero, ci sentiamo smarriti quando lo fai,
ci fai perdere tutti i nostri punti di riferimento.
Però fallo, Signore, fallo lo stesso,
perché è l’unica possibilità che abbiamo
per vedere davvero.
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