P come… padre!
Nessun dubbio che anche nella cultura del popolo ebraico, come del resto quasi praticamente in tutte le culture antiche compresa la nostra, e neppure fino a tanti anni fa, la figura del padre è centrale e imprescindibile nei rapporti generazionali e in quelli familiari. Fino a parlare di società patriarcali. Certo, il comandamento divino obbliga ad onorare sia padre che madre (cf. Es 20,12; Lv 19,3; Ef 6,2), il suggerimento è di ascoltare l’insegnamento di entrambi (Pr 1,8), la pena di morte è per chi percuote o l’uno o l’altra (Es 21,15), ne va rispettata ugualmente la dignità e l’intimità (Lv 18,7; Cam pagherà caro aver visto la nudità del padre Noè: Gen 9,22), ma poi nella Bibbia impercettibilmente l’attenzione si sposta sul primo dei due, sul padre. Che, con tutte le dovute eccezioni che pure ci sono e non di poco conto, diventa: il perno e il fulcro di alberi genealogici; il riferimento forte della famiglia, pensiamo al padre del figliol prodigo: dov’è in quella casa la moglie e madre? (Lc 15,11-23), o alla sottolineatura che Giacomo e Giovanni, chiamati da Gesù, lasciano «la barca e il loro padre» (Mt 4,22); il referente delle benedizioni divine, come il «padre Abramo» (cf. Gen 17,5; Is 51,2; Mt 3,9; Rm 4,16). Fino al punto che Dio è «Dio dei nostri padri» (Dn 3,26)! Perché, delle nostre madri no?! Certamente non si può non evidenziare come tutta la Sacra Scrittura cerchi di tratteggiare la figura di Dio come un padre amorevole, certo assieme ai riferimenti anche qui materni, sicuramente non scontato nell’Olimpo degli dèi: «Il figlio onora suo padre […]. Se io sono padre, dov’è l’onore che mi spetta?» (Ml 1,6). Così Dio vorrebbe essere percepito: «Egli mi invocherà: “Tu sei mio padre, / mio Dio e roccia della mia salvezza”» (Sal 89,27). Nel Nuovo Testamento diventa un ritornello fisso: «un solo Dio e Padre di tutti» (Ef 4,6; cf. Mt 6,4; Gv 13,1; 1Cor 1,3; Eb 12,9). Gesù non è venuto apposta per rivelarci il Padre? «Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo» (Lc 10,22; cf. Gv 14,9). Se è possibile, persino neanche il Padre, ma il Papà. Se nella preghiera del Padre nostro, il termine aramaico usato da Gesù è probabilmente Avinu, quello usato dai bambini. Proprio per tutto questo, diventa categorico il «non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste» (Mt 23,9; citato da Francesco in Rnb 22,34: FF 61; cf. Spec 122: FF 1822).
Detto fatto, anche per san Francesco. Che, davanti al padre Bernardone, al vescovo e ai suoi concittadini, sulla piazza del vescovado, «inebriato da un ammirabile fervore di spirito, depose anche le mutande e si denudò totalmente davanti a tutti dicendo al padre: “Finora ho chiamato te, mio padre sulla terra; d’ora in poi posso dire con sicurezza: Padre nostro, che sei nei cieli, perché in lui ho riposto ogni mio tesoro e ho collocato tutta la mia fiducia e la mia speranza»» (LegM 2,4. FF 1043). E così anche per frati e suore la preghiera per definizione rimane quella del Padre nostro (cf. Pater: FF 266-275; 2Lf 21: FF 188; Rb 3,3; RsC 3,2: FF 2766; 1Cel 45: FF 399).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/81)
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