U come… ultimo!
Ahi! Ecco una parola di cui faremmo volentieri a meno. Una parola senz’altro poco di moda, nel mondo delle competizioni sportive, negli stadi così come mentre giochiamo a carte con gli amici, ma anche nel mondo del lavoro. Uguale fastidio ci dà anche solo se siamo in fila alla posta o dal medico. Per non parlare di “ultimi giorni”, che già ci stiamo toccando ovunque per scaramanzia! Perché “ultimo” sa di fine, di perdita, di sconfitta. E arrivare sempre dopo tutti gli altri, beh, non fa piacere a nessuno (se non in pochi specifici casi, in cui fa addirittura comodo).
Anche la Bibbia e le Fonti Francescane non possono naturalmente che essere pieni di “ultimi” in carne ed ossa e di “ultimi tempi” (cf. Sir 48,24; Gv 6,39; 2Tm 3,1). Ma qualcosa comincia a non quadrare… Intanto, Dio di sé afferma «io sono il primo e io l’ultimo» (Is 44,6; cf. Ap 22,13). Poi, quasi impercettibilmente, «Io, il Signore, sono il primo / e io stesso sono con gli ultimi» (Is 41,4). Da qui a Gesù, e a Francesco, il passo è breve. E gli ultimi torneranno in auge e verranno riscattati dalla misericordia di Dio, in un autentico capitombolo dello Spirito: «Molti dei primi saranno ultimi e molti degli ultimi saranno primi» (Mt 19,30), «Se uno vuole essere il primo, sia l’ultimo di tutti e il servitore di tutti» (Mc 9,35), «[…] quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali» (Lc 14,10). E via dicendo, con tante storie di “ultimi” che diventano primi: Rut, Davide (1Sam 16,1-13), Zaccheo (Lc 19,1-10), la peccatrice perdonata (Gv 8,1-11), ecc.
A questo punto “essere ultimi” non ha più niente a che fare con il successo o l’insuccesso, e nemmeno con una banale virtù dell’umiltà. Ma è stare dalla parte di Dio, della forza della sua misericordia, e dalla parte con cui Dio sta. Così anche Paolo si definisce orgogliosamente «l’ultimo fra tutti i santi» (Ef 3,8).
Così Francesco, che non usa esplicitamente il nostro termine, ma nell’attacco del suo Testamento esprime molto bene questo ribaltamento: «Il Signore dette a me, frate Francesco, di incominciare a fare penitenza così: quando ero nei peccati mi sembrava cosa troppo amara vedere i lebbrosi, e il Signore stesso mi condusse tra loro e usai con essi misericordia. E allontanandomi da loro, ciò che mi sembrava amaro mi fu cambiato in dolcezza di animo e di corpo. E in seguito, stetti un poco e uscii dal secolo» (2Test 1-3: FF 110). Anche la scelta francescana di stare dalla parte degli ultimi è inequivocabile: «Tutti i frati si impegnino a seguire l’umiltà e la povertà del Signore nostro Gesù Cristo, e si ricordino che di tutto il mondo, come dice l’Apostolo, noi non dobbiamo avere nient’altro, se non il cibo e l’occorrente per vestirci, e di questo ci dobbiamo accontentare. E devono essere lieti quando vivono tra persone di poco conto e disprezzate, tra poveri e deboli, infermi e lebbrosi e tra i mendicanti lungo la strada» (Rnb 9,1-2: FF 29-30)! Così i suoi frati «realmente erano “minori”, perché “sottomessi a tutti”, e ricercavano l’ultimo posto» (1Cel 38: FF 386). Mica per sempre. Solo fino a che il buon Dio ci dirà: «Amico, vieni più avanti!» (Lc 14,10).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/78)
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