N come… nardo!
No, potete aspirare e allargare le narici quanto più volete, ma nelle Fonti Francescane di profumo di nardo non ce n’è neanche una goccia. Nonostante il famoso brano evangelico: «Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo» (Gv 12,1-5). E nonostante questo brano fosse ben noto allo stesso Francesco (lo cita in Rnb 8,7: FF 28 e Am 4,3: FF 152), e addirittura, stando ai biografi, proprio da qui inizierebbe il brano evangelico che Francesco morente desidera farsi leggere dai suoi frati: «si fece portare il libro dei Vangeli, pregando che gli fosse letto il brano del Vangelo secondo Giovanni, che inizia con le parole: Sei giorni prima della Pasqua, sapendo Gesù che era giunta l’ora di passare da questo mondo al Padre» (1Cel 110: FF 511). Vi allude, e proprio alla faccenda del profumo, secondo san Bonaventura: «diceva [Francesco] che si sentiva riempire di profumi dolcissimi e, per così dire, cospargere di unguento prezioso, quando veniva a sapere che i suoi frati sparsi per il mondo, con il profumo soave della loro santità, inducevano molti a tornare sulla retta via» (LegM 8,3: FF 1138). Ma qui stiamo già scivolando da un profumo reale, che colpisce il senso dell’olfatto, ad uno più spirituale, simbolico. E di questo, sì che, come del resto tanta letteratura mistica e agiografica, ne sono piene le Fonti Francescane!
Del resto, era stata la stessa Bibbia a indirizzare in tal senso. Il nostro profumo di nardo, infatti, assieme in realtà a tanti altri profumi aleggia anche nel Cantico dei cantici (Ct 1,3; 1,12; 3,6; 4,13; cf. Sir 24,15; Ez 20,41; 2Cor 2,14-15), dove il passo dalla sensualità alle cose divine è assai breve (e, direi, molto interessante…). Così santa Chiara, che mai smette di essere donna, può ben parlarne da intenditrice ad un’altra donna, Agnese di Praga. E commuove persino, sentire il dialogo appassionato che queste due donne, che hanno scelto la povertà assoluta come stile evangelico di vita, si scambiano: «Contemplando inoltre le indicibili sue delizie, le ricchezze e gli onori eterni, e sospirando per l’eccessivo desiderio e amore del cuore, grida: Attirami dietro a te, correremo al profumo dei tuoi unguenti, o sposo celeste! Correrò e non verrò meno, finché tu mi introduca nella cella del vino, finché la tua sinistra sia sotto il mio capo e la destra felicemente mi abbracci e tu mi baci con il felicissimo bacio della tua bocca» (4LAg 28-32: FF 2906).
A dire il vero, ci fu una volta in cui si trattò di vero profumo. Anche se non saprei come definirlo, visto che proveniva da delle… ossa sante. Siamo a Montecasale, dove Francesco ha chiesto ai frati di trasferire, da una chiesetta abbandonata, alcune reliquie. Faccenda di cui i frati si dimenticheranno presto. Salvo scoprire, appunto grazie al loro profumo, che le ossa erano giunte sull’altare dell’eremo… da sole (2Cel 202: FF 791).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/79)
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