T come… tovaglia!
Non saprei dire se la tovaglia, oggetto per noi quotidiano e domestico, lo fosse allo stesso modo anche per le popolazioni della Bibbia. Forse sì, almeno stando alla visione di Isaia: «Si prepara la tavola, / si stende la tovaglia, / si mangia, si beve» (Is 21,5). Ma vorrei provare a sottolineare la valenza “sociale” di questo pezzo di tela più o meno colorato, insozzato di macchie di sugo, lavato più volte, sfondo irrinunciabile per piatti e pietanze. E farlo attraverso le uniche ricorrenze nel Nuovo Testamento e nelle Fonti Francescane. Ma che ricorrenze!
Nel primo caso, si intrufola niente di meno che in una solenne visione di san Pietro. Una di quelle che avrebbe dato una sgommata al cammino della fede cristiana. Il primo degli apostoli si trova a Giaffa, e da Cesarèa, a nome di Cornelio, centurione della coorte detta Italica, delle persone stanno per venire a prenderlo: «verso mezzogiorno, salì sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi: vide il cielo aperto e un oggetto che scendeva, simile a una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: “Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!”. Ma Pietro rispose: “Non sia mai, Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di profano o di impuro”. E la voce di nuovo a lui: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”. Questo accadde per tre volte; poi d’un tratto quell’oggetto fu risollevato nel cielo» (At 10,9-16). Intuiamo che il problema, per noi insignificante, era invece centrale per la chiesa primitiva, fatta di ebrei e, appunto, di pagani. Quest’ultimi con stili alimentari diversi, meno preoccupati di cibi impuri e cibi puri. Una tovaglia benedetta, perciò, che riporta Pietro, e tutti gli altri come si vedrà nel seguito del racconto, all’essenziale della fede cristiana.
Anche per Francesco, che pure di tovaglie è circondato, se pensiamo a quelle che coprono gli altari nelle chiese (e infatti devono essere pulite e dignitose: cf. 2Lch 4: FF 208; anche se possono anch’esse essere regalate ai poveri: cf. Legm 3,7: FF 1354), ci fu una tovaglia “speciale”. Quella volta che, insegnando ai frati di Montecasale come “prendere per la gola” i micidiali briganti, lì inviò nel bosco col cestino della merenda. Tovaglia compresa. Che è un dettaglio, per giunta pensato da un uomo e per giunta che si arrabbiò e non poco per la tovaglia del pranzo di Natale a Greccio (CAss 74: FF 1602), davvero incredibile! Che è come dire che anche i particolari sono importanti nelle relazioni con i fratelli, soprattutto nel servizio agli altri. Ma Francesco era fissato con le tovaglie “relazionali”. Di un’altra ci parla un documento, la conferma dei discendenti del conte Orlando della donazione della Verna, dove ad un certo punto questi affermano di aver visto anche la tovaglia dove Francesco, Orlando e i suoi i figli mangiavano ogni volta che si vedevano (Bullarium Franciscanum, IV, p. 156, n. h). E una tovaglia anche per Chiara (oltre a quella, non sappiamo se da cucina o da altare, che la gatta del monastero di S. Damiano portò a Chiara ammalata, trascinandola per terra con dispiacere della Santa: Proc 9,8: FF 3066): quella dell’altare della chiesa del monastero di S. Paolo delle Abbadesse, a Bastia Umbra, dove Francesco l’aveva accompagnata subito dopo il taglio dei capelli alla Porziuncola. E alla quale Chiara si afferrò, per resistere ai suoi parenti decisi a ricondurla a casa con la forza (LegsC 5: FF 3173).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/76)
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