io non lo conoscevo
In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse:
«Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto:
“Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”.
Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua,
perché egli fosse manifestato a Israele».
Giovanni testimoniò dicendo:
«Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui.
Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse:
“Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito,
è lui che battezza nello Spirito Santo”.
E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio» (Gv 1,29-34)
15 gennaio – 2′ domenica del tempo ordinario, anno A – Tutti i quattro evangelisti raccontano l’episodio del battesimo di Gesù. Ma mentre “i sinottici” – Matteo 3,13ss, Marco 1,12ss e Luca 4,1ss – narrano come si svolge la vicenda come spettatori esterni (non senza varianti significative), l’evangelista Giovanni usa un espediente narrativo tutto suo.
Infatti il protagonista di questo racconto è Giovanni il battezzatore, è lui l’ “io” narrante. Lo era già da alcuni versetti antecedenti (1,19-28) quelli offertici dalla liturgia di questa domenica (vv. 29-34), quando risponde agli inviati dei Giudei.
E’ molto intensa e direi “moderna” questa prospettiva scelta dall’evangelista Giovanni. L’evento del battesimo di Gesù poteva essere stato del tutto marginale e non degno di nota, tra tanti che si accostavano al battezzatore sul Giordano. Poteva essere “una storia” tra tante… L’evangelista invece alla sola cronaca preferisce la “testimonianza”: quasi un microfono posto davanti alla bocca del battezzatore, perché possa dire lui cosa ha visto e cosa ha provato. In fondo è proprio questo che conta: la testimonianza. Il testo è proprio costruito con questa intensità e preoccupazione: «Giovanni… disse…» v.29; «Giovanni testimoniò…» v.32; «io ho visto e ho testimoniato…» v.34.
Anche ai nostri giorni si percepisce sempre una maggiore perplessità per chi “racconta storie” anche in fatto di fede o religione… Chi parla di Dio per sentito dire… Poi arriva qualcuno che “parla di Dio” per esperienza personale, perché parla davvero di Dio chi parla con Dio… e cattura subito l’attenzione. Forse non convince. Forse infastidisce. Ma certamente non passa inosservato…
E poi il battezzatore sorprende perché svela l’umiltà della sua condizione: «Io non lo conoscevo…» ripetuto ben due volte! La grandezza di Giovanni Battista si evince proprio da questa confessione: «Io non lo conoscevo…». Non è diverso da noi, non ha privilegi. Ma ci insegna un grande segreto: lui non conosceva chi fosse “l’Agnello di Dio”, ma si fa trovare da lui, “il-veniente” («vedendo Gesù venire verso di lui…») mentre sta portando avanti semplicemente e coraggiosamente la sua missione, il suo ruolo, il suo servizio… la sua vocazione. E’ davvero là, non altrove, che Dio in Gesù Cristo ti raggiunge e si manifesta!
Anche le complesse vicende di storia francescana narrano l’esperienza di famiglia religiosa che ad un certo punto chiede ai testimoni oculari dell’esperienza con Francesco d’Assisi di raccontare i loro ricordi. E’ il 1276, la Leggenda Maggiore era da pochi anni (1266) l’unica biografia rimasta. Il Capitolo generale di Padova ordina il ricupero della precedente memoria su san Francesco (annullando la drammatica decisione di 10 anni prima del Capitolo di Parigi). E così salta fuori nuovamente la lettera che i compagni di Francesco scrissero al ministro generale fr. Crescenzo da Iesi nel 1246 per accompagnare i ricordi della vita dell’Assisiate, che essi stessi avevano messo per iscritto. Chiarito che il fascicolo di testi composto da frate Leone, frate Rufino e frate Angelo è poi stato smembrato e ricollocato a piacimento da altri in altre opere, resta l’intensità della testimonianza di questi tre uomini che – un po’ come il Battista – non avrebbero mai immaginato che la loro vita sarebbe stata “stravolta” dall’incontro con Francesco d’Assisi, l’ “alter Christus” per eccellenza nel XIII secolo (e forse non solo…!):
«…noi, che siamo vissuti più a lungo insieme con lui, benché non ne fossimo degni, abbiamo ritenuto opportuno di presentare alla santità vostra, guida la verità, alcune tra le molte gesta di lui che abbiamo visto di persona o di cui abbiamo attinto notizie da altri santi frati: e specialmente da frate Filippo, visitatore delle povere signore, frate Illuminato dell’Arce, frate Masseo da Marignano e frate Giovanni, compagno del venerabile padre frate Egidio, che raccolse molte di queste informazioni sia da frate Egidio stesso che da frate Bernardo, di santa memoria, primo compagno del beato Francesco. Non ci accontentiamo però di narrare solo dei miracoli, i quali manifestano ma non fanno la santità; nostro intento è anche di mostrare alcuni aspetti salienti della sua santa vita e la benevola intenzione della volontà divina, a lode e gloria del sommo Dio e del santissimo padre Francesco, e a edificazione di quanti vogliono seguire le sue orme» (FF 574ss) .
E nei testi poi redatti anche da altri ritorna spessissimo la formula «noi che siamo stati con lui» o «noi che siamo vissuti più a lungo con lui» e simili… Perché un conto è quanto ho sentito dire… mi hanno raccontato: un conto è ciò che ho vissuto.
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