Dal viaggio in Siria alla nomina di Ugolino a tutore dell’Ordine
Francesco, dopo otto giorni di predicazioni alla corte del sultano, vedendo vano il tentativo di convertirlo a Cristo e fondere nell’unico credo dei profeti e degli apostoli le due religioni monoteistiche, volle fare ritorno al campo crociato, dove fu fatto accompagnare dal corpo di guardia regale, con gli onori di regnante. Intanto, sul fronte di guerra, fremevano senza tregua i combattimenti, lasciando centinaia di vittime sul campo di battaglia.
Così, scontro dopo scontro, tra avanzate e ritirate, in una piena di sangue, i crociati conquistarono Damietta. Francesco, disgustato per la crudeltà e gli eccessi di violenza compiuti dalle truppe crociate, preferì allontanarsi da tale orrore e, insieme a frate Illuminato, partì diretto per la città di Akka in Siria, per riabbracciarsi con frate Elia e con frate Cesario di Spira.
Mentre Egli continuava la sua missione sulle orme di Cristo in Terra Santa, i frati Bernardo, Pietro, Adiuto, Accursio ed Ottone, inviati missionari in Marocco, mentre predicavano furono arrestati, imprigionati, flagellati ed infine decapitati.
La funesta notizia attraversò in un baleno la comunità francescana e scosse gli animi; in alcuni crebbe la paura di vivere così esposti ai mali del mondo, in balia di ogni oltraggio; in altri, l’ammirazione per quei frati, che avevano subìto nel nome di Cristo, il martirio della carne.
Quando i corpi dei protomartiri furono portati in Portogallo per il rientro, il canonico regolare di S. Agostino, Antonio, nato Fernando Martim de Bulhöes, scosso da quell’evento, volle indossare il saio dei Frati Minori ed aderire al loro Ordine.
Si era, oramai, prossimi alla Pentecoste e Francesco era ancora in Terra Santa, quando dalla Porziuncola, sempre più insistente, si diffondeva la notizia della sua morte per mano dei musulmani.
Pertanto, nonostante la resistenza di coloro i quali lo ritenevano ancora in vita e prossimo al rientro, i vicari, congiunti ad un gruppo di frati, approfittando del momento propizio, vollero comunque radunarsi in capitolo, dalle cui risoluzioni finali la Regola dell’Ordine ne uscì fortemente rimaneggiata: s’inasprì l’ascetismo monacale, accrescendo le astinenze e i digiuni, rendendo più sobrio, di converso, sia il rigore del nomadismo missionario che le osservanze di povertà evangeliche. Inoltre, proprio in quel periodo, la Curia di Roma assegnò esclusivamente a frate Filippo la protezione delle “Povere Dame”, imponendo il divieto a chiunque altro di prendersi cura di esse; ed ancora, frate Giovanni della Cappella operò lo scisma, formando un nuovo ordine, arruolando gli adepti fra i lebbrosi.
Tra i frati, che non credevano alla morte di Francesco e non condividevano affatto il nuovo corso, ve ne fu uno, frate Egidio, il quale, impavido, s’imbarcò diretto in Terra Santa dove, dopo un’estenuante ricerca, finalmente lo raggiunse e gli rapportò tutto quanto stava accadendo alla Porziuncola.
Francesco volle immediatamente fare ritorno in Italia. E così, insieme ad Illuminato, Elia, Cesario ed Egidio, s’imbarcò a San Giovanni d’Acri alla volta di Venezia dove sbarcò, ulteriormente segnato nel fisico, per una congiuntivite acuta agli occhi, e fortemente mortificato nello spirito dagli inquietanti eventi, che imperversavano sulla scena della Porziuncola.
Sotto la sferza di questo pesante fardello, ardito, però, dalla ferma volontà di ripristinare l’ordine fra i suoi frati, sulla strada di ritorno per Assisi si indirizzò verso Bologna, diretto alla Curia Vescovile, per incontrarsi con Ugolino, là presente quale legato pontificio di quella Regione.
Al Cardinale espose tutta la sua mortificazione per i raccapriccianti risvolti emersi nel Capitolo di Pentecoste; gli manifestò, inoltre, la delusione per non aver Egli, dall’alto della sua autorità, adeguatamente vigilato sulla comunità durante la sua missione in Siria.
Da quel confronto Francesco comprese che era giunto il tempo di domandare alla Curia di Roma di assegnare ufficialmente al Cardinale Ugolino l’incarico di vigilare sulla fratellanza.
Con questa decisione nella mente, dopo aver recuperato, in Santa Maria degli Angeli, le energie necessarie, si recò ad Orvieto, sede provvisoria della Corte Pontificia, per chiedere direttamente al Papa la nomina di Ugolino a tutore dell’Ordine, cosa che immediatamente avvenne.
(da “Nacque al mondo un Sole” di Nicola Savino/16)
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