P come… piangere!
Qualcuno ha detto una volta che le lacrime non a caso sono salate come l’acqua del mare. Perché sono profonde come il mare, e perché contengono la vita come il mare. Ognuno di noi potrebbe fare memoria di chissà quante “lacrime sul viso” hanno segnato la propria vita, la maggior parte delle volte persino in maniera profonda. Piangendo entriamo nel mondo, alla nascita, e piangendo, o facendo piangere, lasciamo questo mondo, alla morte. È anche vero che spesso le lacrime di dolore si confondono con quelle di commozione e di gioia, e anche questo vorrà pur dire qualcosa.
Il pianto è perciò parte di ciò che siamo: corpi abitati dallo Spirito, certo, ma pur sempre corpi. Fa allora piacere leggere che Francesco pianse per il cattivo esempio di alcuni frati (2Cel 156: FF 740). Che i frati piansero su Francesco malato a Siena (Spec 87: FF 1784), come gli amici fecero con Giobbe (Gb 2,12). Che i genitori di Giovanni il Semplice piansero quando il figlio li lasciò per seguire Francesco (CAss 61: FF 1589). Che Chiara e le sorelle piansero per il dolore di non poter più rivedere Francesco (Spec 108: FF 1807). E che le “povere signore” di S. Damiano piansero per la morte di Chiara (LegsC 29: FF 3251). Quanta umanità! Del resto, non aveva forse pianto anche Gesù per la morte dell’amico Lazzaro (Gv 11,35)? Anzi, egli «scoppiò in pianto»!
Nella tradizione cristiana il pianto è stato il più delle volte associato alla nostra miseria. Come se ad esso fosse stato dato il compito di rappresentare il lato brutto e triste delle nostre esistenze. Così fece Esdra e tutto il popolo (Esd 10,1), ma anche la donna peccatrice accucciata ai piedi di Gesù (Lc 7,38). Non c’è santo che non abbia pianto sui propri peccati. Nemmeno Francesco e Chiara si sono sottratti a ciò: «E se alcuna volta fusse accaduto che alcuna persona mundana avesse fatto qualche cosa contro Dio, essa maravigliosamente piangeva et esortava quella tale persona, et predicavali sollicitamente che tornasse a penitenzia» (Proc 2,10: FF 2953; cf Legm 2: FF 1341).
Di un altro pianto di Gesù, in realtà, i vangeli ci hanno tramandato notizia: «Quando fu vicino [a Gerusalemme], alla vista della città pianse su di essa» (Lc 19,41). Questa volta un pianto diverso, per un’occasione persa, per un incontro mancato: «perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata» (Lc 19,44). Sono le lacrime infuocate degli innamorati!
«Una volta Francesco andava solingo nei pressi della chiesa di Santa Maria della Porziuncola, piangendo e lamentandosi ad alta voce. Un uomo pio e spirituale, udendolo, suppose ch’egli soffrisse di qualche malattia o dispiacere e, mosso da compassione verso di lui, gli chiese perché piangeva così. Disse Francesco: “Piango la passione del mio Signore, e per amore di lui non dovrei vergognarmi di andare gemendo ad alta voce per tutto il mondo”. Allora anche quell’uomo cominciò a piangere insieme a lui ad alta voce» (3Comp 14: FF 1413). «O Amor, divino amore, Amor, che non se’ amato», cantava Jacopone da Todi (Laude LXXXI)! Almeno fino all’incontro definitivo con lui, quando Dio ci «asciugherà ogni lacrima» (Ap 21,4), e tutti finalmente rideremo di gusto e per sempre (cf Lc 6,21)…
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/52)
Lascia un commento
Devi eseguire il login per commentare.