Sabato 17 settembre, IMPRESSIONE DELLE STIMMATE A S. FRANCESCO
Dal Vangelo
Luca 9, 23-26
In quel tempo, Gesù, a tutti, diceva: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua. Chi vuole salvare la propria vita, la perderà, ma chi perderà la propria vita per causa mia, la salverà. Infatti, quale vantaggio ha un uomo che guadagna il mondo intero, ma perde o rovina se stesso? Chi si vergognerà di me e delle mie parole, di lui si vergognerà il Figlio dell’uomo quando verrà nella gloria sua e del Padre e degli angeli santi».
Dalle Fonti
Leggenda Maggiore I, 1: FF 1028
Dio aveva infuso nell’animo del giovane Francesco un sentimento di generosa compassione, che, crescendo con lui dall’infanzia (Cfr Gb 31,18), gli aveva riempito il cuore di bontà, tanto che già allora, ascoltatore non sordo del Vangelo, si propose di dare a chiunque gli chiedesse (Cfr Lc 6,30), soprattutto se chiedeva per amore di Dio. Una volta, tutto indaffarato nel negozio, mandò via a mani vuote contro le sue abitudini, un povero che gli chiedeva l’elemosina per amor di Dio. Ma subito, rientrato in se stesso, gli corse dietro, gli diede una generosa elemosina e promise al Signore Iddio che, d’allora in poi, quando ne aveva la possibilità, non avrebbe mai detto di no a chi gli avesse chiesto per amor di Dio. E osservò questo proposito fino alla morte, con pietà instancabile, meritandosi di crescere abbondantemente nell’amore di Dio e nella grazia. Diceva, infatti, più tardi, quando si era ormai perfettamente rivestito dei sentimenti di Cristo (Cfr Gal 3,27), che, già quando viveva da secolare, difficilmente riusciva a sentir nominare l’amore di Dio, senza provare un intimo turbamento.
Alla vita
Per noi uomini comuni, timorosi e paurosi, basta scendere in strada e guardarsi attorno per scorgere quanto bisogno ci sia di umanità. Uomini ripiegati su se stessi riempiono le strade della nostre città. Il cristiano non ha bisogno di inventare niente di nuovo, dovrebbe semplicemente tornare alle sue origini, al Vangelo, alla carne di Cristo, in cui è narrata la storia di un Dio che si è fatto uomo, che è morto ed è risorto e che è rimasto “umano” fino in fondo. Se non riusciamo a vedere nella nostra carne, la carne del Figlio, non riusciremo a vedere null’altro. Non ci sono parole più facili e comprensibili di quelle del Vangelo e dell’Uomo della Croce. Parole che ad ognuno di noi chiedono coerenza. Prendere la propria Croce vuol dire restare umani; riscoprire la propria umanità; abbracciare ed accogliere la propria carne: ferita, nuda, confusa ma avvolta dall’amore! Dal suo amore! Carne che, se lo vogliamo, diventa “’casa di Dio”.
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