S come… spalle!
Le spalle non sono probabilmente la parte del nostro corpo di cui ci ricordiamo più spesso. Hanno troppo a che fare con la fatica del lavoro o del peso da portare. Al massimo sono quelle “aumentate” dei palestrati. Così Rebecca esce «con l’anfora sulle spalle» per l’incombenza tutta femminile di recarsi alla sorgente a prendere l’acqua per la casa (Gen 24,15), e Rut si butta sulle spalle il mantello carico di «sei misure d’orzo» (Rt 3,15). Non sembra proprio che gli uomini, almeno a quei tempi, si facessero carico di molti lavori pesanti, preferendo scaricare su altre spalle femminili (cf. Gen 21,14), o usarle piuttosto per le proprie smargiassate o esibizioni di forza (cf. Gdc 16,3)! A meno che non si trattasse di trasportare qualcosa di nobile, come i vari pezzi del santuario o l’arca, e allora andavano meglio sherpa maschi (cf. Nm 7,9).
Anche di Francesco, «abituato a ogni delicatezza nella casa paterna», si raccontano le spalle con cui trasportava pietre per la ricostruzione di S. Damiano (3Comp 21: FF 1421). In un’altra occasione non perse tempo a sgravare di un peso le spalle di un povero, per farsene lui stesso carico (LegM 8,5: FF 1144). Lui che, del resto, fece in modo di scrollarsi di dosso qualsiasi possesso, ricchezza o preoccupazione. Spalle, le sue, però assai famose. Almeno dalla notte in cui papa Innocenzo III sognò che «la basilica del Laterano stava per crollare e che un religioso, piccolo e spregevole, la puntellava con le sue spalle perché non cadesse» (2Cel 17: FF 603; ad onor del vero, bisogna pur aggiungere che i domenicani vantano un sogno simile anche per san Domenico e le sue spalle).
Poi però succede che le spalle di Dio diventano improvvisamente importanti. Non più solo una quisquiglia anatomica, ma un tassello fondamentale per conoscere Dio. «Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non si può vedere», risponde Dio a Mosè (Es 33,23). Attenzione, però, perché non è vero il contrario: Dio non vuole vedere le nostre spalle, perché sarebbero segno del nostro tradimento e della poca fede in lui (cf. Ez 23,35; Ger 2,27)! Ma persino parlando di misericordia saltano fuori le spalle di Dio: «Tu hai preservato la mia vita / dalla fossa della distruzione, / perché ti sei gettato dietro le spalle / tutti i miei peccati» (Is 38,17). Da qui alle spalle del buon pastore e alla pecorella smarrita, è subito fatta: «Quando l’ha trovata, pieno di gioia se la carica sulle spalle» (Lc 15,5)! Queste benedette spalle non saranno poi esplicitamente nominate dai Vangeli al momento della crocifissione, ma possiamo immaginarcele caricate dal terribile legno, come tante volte abbiamo visto nelle raffigurazioni della Via Crucis (cf. Gv 19,17).
Un’ultima spalla anche per Francesco, diversa da tutte le altre. «Un frate molto spirituale se ne tornava un giorno con l’elemosina da Assisi a Santa Maria della Porziuncola, mentre vi si trovava il beato Francesco. Camminando sulla strada vicina alla chiesa, egli cominciò a lodare Dio ad alta voce, pieno di gioia. Udendolo, il beato Francesco gli uscì incontro sulla strada, e con grande letizia gli baciò la spalla da cui pendeva la bisaccia con le elemosine. E toltagliela di dosso, se la mise sulla spalla e la portò nella dimora dei frati» (CAss 98: FF 1636).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/47)
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