Q come… quercia!
Probabilmente se si trattasse di mitologia celtica, ad uso e consumo dei nostri immaginari moderni, la cosa ci dispiacerebbe un po’. Ma nelle Fonti Francescane di querce o simili (rovere, farnia, cerro) non sembra proprio essercene traccia, e neppure dei suoi derivati come sughero o ghiande. A parte un unico episodio che vedremo tra poco. Perciò niente druidi né falcetti d’oro né vischio. La faccenda un po’ stupisce, anche perché il paesaggio in cui vissero Francesco, Chiara e compagni, doveva contemplarne molte di più che non ora. Ma tant’è: era così parte della scenografia da neanche farci caso.
Anche la Bibbia ha più menzioni di querce, sacre o che diventano tali per quel che vi accade all’ombra o nei dintorni. A partire dalle famose «querce di Mamre», alla cui ombra Abramo pranzò con tre misteriosi personaggi, ma soprattutto dove giunse inaspettato a Sara l’annuncio che di lì ad un anno avrebbe partorito un figlio, Isacco (Gen 18). E le ritroveremo ancora, perché poco distante da lì lo stesso Abramo comprerà dagli Ittiti la grotta di Macpela, unico appezzamento di terra promessa che riuscirà infine a possedere, e dove seppellirà la moglie Sara (Gen 23,16-20), si farà esso stesso seppellire (Gen 25,8-10) e vi verranno infine seppelliti anche Isacco, Lia e Rebecca (Gen 49,31), Giacobbe (Gen 50,12-13). Attualmente è un luogo sacro per ebraismo e islam: al-masjid al-Ibrāhīmī, ossia “moschea di Abramo”, in ebraico ma’arat ha-machpela, la “grotta delle tombe doppie”. In realtà monumento funebre ad una promessa mai pienamente realizzata del tutto, sogno infranto, anzi sepolto, di terra e figli. Ma una quercia sembra esserci addirittura all’interno del santuario a Sichem (Gs 24,26). Così è sotto una quercia che il profeta di Betel trova infine l’uomo di Dio che aveva distrutto l’altare empio (1Re 13,14). E altrettanto seduto sotto una quercia, a riposarsi, ritroviamo il nostro san Francesco: «E appressandosi a pie’ del sasso proprio della Vernia, sì piacque a santo Francesco di riposarsi una volta sotto a una quercia che era in sulla via, ed evvi ancora; e istando sotto ad essa, santo Francesco cominciò a considerare la disposizione dello luogo e del paese; e istando in questa considerazione, eccoti venire una grande torma di diversi uccelli li quali con cantare e con battere l’ali mostravano tutti grandissima festa e allegrezza; e attorniarono santo Francesco in tale modo, che alquanti se li puosono in sul capo, alquanti in sulle spalle, alquanti in sulle braccia, alquanti in grembo e alquanti a’ pie’ d’intorno. Vedendo questo i suoi compagni e il villano e maravigliandosi, santo Francesco tutto allegro in ispirito disse così: “Io credo, carissimi fratelli, ch’al nostro Signore Gesù Cristo piace che noi abitiamo in questo monte solitario, poiché tanta allegrezza ne mostrano della nostra venuta le nostre sirocchie e fratelli uccelli”. E dette queste parole, si levarono suso e camminarono oltre, e finalmente pervennono al luogo ch’aveano in prima preso i suoi compagni. E questo è quanto alla prima considerazione, cioè come santo Francesco pervenne al monte santo della Vernia. A laude di Gesù Cristo e del poverello Francesco. Amen» (FiorCons 1: FF 1903).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/39)
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