C come… cacca!
Non sarà proprio una delle parole più spirituali del vocabolario biblico e francescano, ma tranquillizziamo i nostri bambini: ce n’è sia nell’uno che nell’altro! Magari non proprio con questo termine colloquiale, ma come “sterco” e “escremento” sì. Possiamo ben immaginare che non se ne scriverà sicuramente bene, e quando la si citerà sarà per dire qualcosa di brutto, comunque di indecente o per rendere chiaramente un concetto negativo: «Il pigro è simile a una palla di sterco, / chi la raccoglie scuote la mano» (Sir 22,2; cf. 2Re 18,27)! Eppure Dio ha pensato anche a questo nostro bisogno: «Avrai un posto fuori dell’accampamento e là andrai per i tuoi bisogni. Nel tuo equipaggiamento avrai un piolo, con il quale, quando ti accovaccerai fuori, scaverai una buca e poi ricoprirai i tuoi escrementi» (Dt 23,13-14). Insomma, niente di nuovo per i nostri scout.
Nel linguaggio di san Francesco continua l’utilizzo di questa parola per rendere l’idea dello “schifo”. Sia in senso generico (considerare sterco ogni cosa del mondo: cf. SCom 3: FF 1961), sia, in particolare, rapportato alla ricchezza e ai soldi in quanto tali. A più di un frate toccò farne personalmente le spese, come quello a cui «il santo ingiunse di portare fuori della chiesa quelle monete con la bocca e, dopo aver trovato dello sterco d’asino, di deporvele sopra con la stessa bocca con cui le portava» (Anper 30: FF 1522). Così fu, e «tutti impararono a disprezzare ancor più il denaro, che era stato paragonato così allo sterco» (2Cel 65: FF 651).
La cacca serve come gesto penitenziale. Nella Bibbia: «Ecco, io […] spanderò sulla vostra faccia escrementi, / gli escrementi delle vittime / immolate nelle vostre feste solenni» (Ml 2,3); così per i frati: «Un giorno capitò che un frate […] scagliasse delle ingiurie contro un altro frate. Quando il primo vide un po’ turbato colui verso il quale aveva inveito, se la prese subito contro se stesso, raccattò un pezzo di sterco d’asino, se lo cacciò in bocca e lo morse dicendo: “Mastichi sterco la lingua che ha sprizzato sul mio fratello il veleno della rabbia”» (Spec 51: FF 1739). Talvolta lo sterco servì semplicemente a salvare almeno le… mutande, come fece quel frate che «imbrattò i suoi mutandoni con lo sterco dei buoi e con altra sporcizia di modo che gli stessi pastori, provandone disgusto, gli concessero di tenerli» (Giordano 6: FF 2328). In un altro caso Francesco lodò l’Allodola: «È un uccello umile, perché va volentieri per la strada in cerca di qualche granellino, e anche se lo trova tra lo sterco, lo trae fuori e lo mangia» (Spec 113: FF 1813). Che fa venire in mente quei passeri biblici, i cui schiti accecarono il buon Tobi (Tb 2,9-10). Persino santa Chiara non disdegnò di usare questa parola, seppur citando Giobbe (20,6-7): «[…] anche se la loro superbia s’innalzasse fino al cielo e il loro capo toccasse le nubi, alla fine sono spazzati via come lo sterco» (3LAg 28: FF 2894).
Ma chiudiamo in gloria, con la preghiera ebraica per il bagno: «Benedetto colui che ha plasmato l’uomo con sapienza e ha creato in lui molti orifizi e molte cavità. È evidente e noto davanti al tuo Trono di gloria che se uno di loro dovesse essere rotto o una di esse bloccata, sarebbe impossibile per un uomo sopravvivere e stare davanti a Te, benedetto tu sia, che guarisci ogni corpo e fai meraviglie». Del resto già lo cantava De Andrè, in “Via del campo”, che «dal letame nascono i fiori»…
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/28)
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