La lussuria: la paura dell’altro che uccide il desiderio
La radice della parola lussuria coincide con quella della parola lusso – che indica una esagerazione – e quella della parola lussazione -che significa deformazione o divisione. Appare quindi chiaro il significato di lussuria, che designa qualche cosa di esagerato e di parziale. Il lussurioso cioè è portato a concentrarsi solo su alcuni aspetti del partner (il corpo o una parte di questo) che diventano il polo dell’attrazione erotica; tutto il resto è escluso, l’interezza è negata. Il corpo viene oggettivato e la persona spersonalizzata: le vesti,gli accessori, i gesti, la musica, le luci arrivano ad assumere un’importanza fondamentale poiché devono supplire alla mancanza di un altro tipo di seduzione che scaturisce da un’intesa psicologica e affettiva, oltre che fisica. La lussuria è quindi una conseguenza di un certo tipo di paura: la paura del confronto con un altro essere umano nel quale è possibile rispecchiarsi. Il lussurioso non si vuole specchiare, non si vuole vedere, non si vuole confrontare… La lussuria è anche una delle manifestazioni più comuni del disagio proprio della nostra società, dove siamo alla continua ricerca di nuove esperienze e nuove emozioni che ci facciano sentire “vivi”. Ma è una ricerca irrequieta che spesso ci porta a sentire il vuoto dietro le cose, e a sentire che la vita non trova un suo compimento. E così ad una avventura erotica ne segue un’altra, un’altra e un’altra ancora. Si cerca l’assoluto… ma si rimane inevitabilmente delusi dai frammenti che si ottengono. Poi capita che la sessualità tradizionale non basti più e così si cerca la novità, una pratica erotica trasgressiva. Strettamente legato alla lussuria è ciò che pensiamo del corpo.
Il corpo è ciò in cui e attraverso cui l’uomo vive un’esistenza personale, esercita e manifesta la propria libertà nel suo rapporto con se stesso, con gli altri, con il mondo e con Dio. E quello che fa di ogni uomo un essere relazionale, e probabilmente non si può dire nulla di più essenziale sull’uomo. E nel suo corpo e con il suo corpo che l’uomo ama, gode, soffre, lavora, prega. In breve, tutto passa per il corpo. Il corpo è lo strumento della mia presenza al mondo; ora, la presenza non è una cosa, è di ordine spirituale. Il mio corpo è ciò attraverso cui il mio spirito si esprime nel mondo, modella il mondo e si lascia da esso trasformare. Solo il termine “desiderio” è adeguato, per indicare un rapporto non con delle cose da consumare, ma con una persona: uomo, donna o Dio. E vero che ogni desiderio nasce da un bisogno, ma se si rimane al livello della soddisfazione dei bisogni, si resta nel registro del consumo, in cui l’altro è considerato di fatto come un oggetto da consumare, e quindi è usato. Il desiderio sessuale ha origine da una pulsione sessuale istintiva. Ma il passaggio dal bisogno al desiderio implica una rinuncia: a cosa? A possedere l’altro come si possiede una cosa. Desiderare un altro, o il Tutt’Altro, è dirgli due cose allo stesso tempo: “Io non posso fare a meno della tua presenza, mi manchi, ho bisogno dite”, e insieme: “Mi proibisco di mettere le mani su di te e di possederti come si possiede una cosa. Non soltanto io rispetto, ma voglio la tua libertà” Dunque in ogni desiderio vive una contraddizione, una tensione, e anche un’insoddisfazione. È il desiderio il motore della relazione sessuale. Ma l’unione carnale, per quanto viva possa essere per la sua intensità e per il piacere che procura, è temporanea. È un’esperienza estatica, l’esperienza di essere come fuori di sé, nella quale la durata è per un momento abolita — un’esperienza che fa desiderare e balenare la possibilità di un’unione rimandato alla sua differenza, alla sua parte irriducibile di solitudine. E come dire che ogni desiderio, e in particolare il desiderio sessuale, è sempre abitato da una carenza, da un vuoto. Per questo viene incessantemente rilanciato e resta vivo come desiderio, facendo di noi, fino alla fine, degli esseri desideranti e dunque dei viventi. Noi non abbiamo mai finito con l’infinito del nostro desiderio. Se il nostro desiderio fosse colmato, saturato, saremmo dei morti. Ogni relazione riuscita, e dunque portatrice di vita, esige la differenza, l’alterità, la distanza. La comunione non è la fusione, è l’unione nella differenza. E non soltanto la comunione esige la differenza, ma l’accresce: ogni relazione riuscita è personalizzante, per i due partner della relazione. Ciascuno vi diventa un pò di più se stesso, nella sua linea personale.
Scheda:
Dalla Bibbia: 1 Cor 6,12-20; 1Cor 10,23; Rm 6,1-2.15; Gen 4,7; Col 2,22; 1Cor 10,31; 15,12s; Rm 1,4; 8,11; 1Cor 12,12; Rm 6,12-13; Gen 2,24; Rm 8,9-10; Mt 5,29-30; Rm 8,13; Gd 1,7-8; 1Cor 3,16-17; Rm 5,5; 1Ts 4,3-8; Gc 3,2; 1Cor 3,23; 7,23; Rm 3,24+; 12,1; 6,15; Gal 5,1.24; Fil 1,20; 3.21; 2Cor 4.10; 1Pt 4,1
Dalle Fonti Francescane: FF 159; FF 165
Altri:
L’utilità del vuoto di Lao Tzu
Trenta raggi convergono sul mozzo,
ma è il foro centrale che rende utile la ruota.
Plasmiamo la creta per formare un recipiente,
ma è il vuoto centrale che rende utile un recipiente.
Ritagliamo porte e finestre nella pareti di una stanza:
sono queste aperture che rendono utile una stanza.
Perciò il pieno ha una sua funzione,
ma l’utilità essenziale appartiene al vuoto.
Canzoni: Gaber, Quando sarò capace di amare; Joan Baez, Diamond and Rust
Quadri: René Magritte, Le Viol (lo stupro)
(I vizi capitali/6)
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