3 maggio 2015, quinta domenica di Pasqua, “Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me, e io in lui, porta molto frutto, perché senza di me non potete far nulla” (Gv 15,5)
Dal buon pastore (domenica scorsa) ai tralci innestati alla vite: che bello questo vangelo in immagini! Gesù le coglie da quanto i suoi occhi e il suo cuore vedono nella sua terra.
Ancora una volta, così come con il buon pastore, la vite che assicura linfa vitale a tutti i tralci ci parla di intimità, di adesione forte: si noti il rimbalzo del verbo rimanere in Lui. Contro ogni pretesa di autosufficienza, di individualismo e di superiorità, siamo ricondotti al centro della nostra vita: vivere-esserci in Lui, via-verità-vita nostra. E questo ci lega a tutti gli altri: i tralci sono innestati uno per uno, ma lo sono tutti alla stessa vite. Così ognuno attinge a modo suo Gesù, il quale non è proprietà esclusiva di alcuno, ed è linfa generosa per quanti scelgono di rimanere in Lui.
Gesù afferma qualcosa di rivoluzionario: Io sono la vite, voi siete i tralci. Facciamo parte della stessa pianta… La vite-Gesù spinge linfa in tutti i miei tralci e fa circolare forza divina per ogni mia fibra. Succhio da Lui vita dolcissima e forte… C’è un amore che sale lungo i ceppi di tutte le vigne, di tutte le esistenze, un amore che sale in me e irrora ogni fibra” (da p. Ermes Ronchi). È la bellezza del rimanere in Lui, una bellezza feconda di frutti: chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto. Per tutti (…quasi quasi una frase da… Expo).
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