F come… folla!
“Via dalla pazza folla” era un romanzo di parecchi anni fa, da cui, altrettanti anni fa, era stato ricavato anche un film. Effettivamente il termine sa di negativo: di anonimità, di spersonalizzazione, talvolta anche di irrazionalità. Quando la folla invasata ha dato la caccia a streghe o untori, ha abbattuto tiranni ma solo per adorare acriticamente il capo successivo. Marciando nella folla abbiamo reclamato i nostri diritti, o altre volte abbiamo insultato. Nessuno di noi ama però sentirsi “folla”, ma reclama per sé una precisa individualità. Anche se talvolta ci ha magari fatto comodo mescolarci tra la folla: per nasconderci, per cavarcela suddividendoci le colpe, per non lasciarci coinvolgere emotivamente dalla persona anonima che avevamo accanto.
Scorrendo le pagine del Vangelo, ci imbattiamo spesso nella folla. Che sembra molte volte ergersi come ostacolo all’incontro con Gesù. Prendete Zaccheo, per esempio, che certamente era di bassa statura ma ugualmente non godeva di buona fama preso i suoi concittadini, essendo al soldo degli occupanti romani: «a causa della folla», deve elaborare una precisa strategia, arrampicarsi sul sicomòro, per poter esaudire il suo desiderio di vedere Gesù che passava per le vie di Gerico (Lc 19,1-10). Altra fantasiosa strategia devono invece escogitare i quattro amici del paralitico, facendo un buco nel tetto e calandolo dall’alto direttamente davanti a Gesù, «a causa della folla» che impediva di arrivare al Maestro diversamente (Mc 2,1-12). È anche vero, però, che questa stessa folla anonima seguiva spesso Gesù (Mc 2,13), costringendo anche lui a improvvisati pulpiti, come la barca un po’ distante da una riva assiepata non di bagnanti in costume ma di folla assetata di parole di vita (Mc 3,9). E che di essa, sbandata e senza pastore ma anche solo affamata, Gesù provava compassione (Mt 9,36; 14,14). La folla, ammutolita, assiste anche allo «spettacolo» della crocifissione, tornandosene infine a casa «battendosi il petto» (Lc 23,48).
Come capitò a Gesù, anche san Francesco si trovò presto circondato da folle che lo ammiravano e consideravano di fatto già santo. Lo testimonia Tommaso da Spalato a Bologna (Spalato: FF 2252), lo stesso succede, per esempio, a Perugia (CAss 75: FF 1606), a Poggio Bustone (2Cel 131: FF 715). Ma Francesco imparò presto a non “dipendere” dall’umore delle folle e a non ricercarne il motivo di vantarsi. Capitò così che poté persino attraversare Borgo Sansepolcro, a dorso d’asino per la malattia, tra due ali di folla che lo chiamavano, lo toccavano, gli strappavano persino brandelli di abito a mo’ di reliquia, senza nemmeno… accorgersene (LegM 10,2: FF 1178)!
E se ce n’era bisogno, sapeva pure, a imitazione del suo Maestro (Mc 6,46), ritirarsi dalla folla ed immergersi nella solitudine e nel silenzio. Per dare un senso più profondo alla propria vita e al proprio impegno in mezzo ai fratelli e alle sorelle (1Cel 91: FF 479; LegM 13,1: FF 1222).
Ma almeno, per nostra speranza, ci è stato promesso che una “folla” si salverà (Ap 19,1)!
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/12)
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