V come… vaso rotto!
Si sa, prima o poi un vaso di terracotta si romperà. È nella sua natura, e nella nostra imperizia o goffaggine. Ma capita anche che talvolta siamo noi che deliberatamente lo spezziamo o rompiamo. E magari i nostri vasi rotti e i loro cocci diventano anche più famosi di quelli integri.
Per esempio, è diventato famoso, anzi famosa visto che era più esattamente una brocca, quella spezzata dal profeta Geremia (Ger 19). Come spesso capitava ai profeti biblici, e quasi sempre loro malgrado, il Signore li inviava a parlare al popolo o al potente di turno, non solo a parole, che già non era faccenda di tutti, ma anche con gesti e segni concreti. Quella volta Dio, indignato per l’infedeltà del suo popolo, aveva ordinato al povero Geremia di andare a comprarsi una brocca di terracotta, quindi gli spiegò il suo piano: «prendi con te alcuni anziani del popolo e alcuni sacerdoti, ed esci nella valle di Ben-Innòm, che è all’ingresso della porta dei Cocci. Là proclamerai le parole che io ti dirò». Quindi, dopo un primo discorso infervorato e minaccioso, prosegue Dio: «Tu, poi, spezzerai la brocca sotto gli occhi degli uomini che saranno venuti con te e riferirai loro: Così dice il Signore degli eserciti: Spezzerò questo popolo e questa città, così come si spezza un vaso di terracotta, che non si può più aggiustare». Più chiari di così! L’immagine è persino terribile, già preannunciata dallo stesso nome della porta (dei Cocci): sa di frantumazione, perdita violenta dell’unità, qualcosa di prezioso che si spezza irrimediabilmente.
Da Gerusalemme ad Assisi, un altro vaso spezzato ad uso e consumo della nostra riflessione. Francesco, che durante la Quaresima aveva fatto un piccolo vaso, giusto per non starsene con le mani in mano neanche un momento, sta pregando. E nonostante la sua concentrazione, gli capita di dare un’occhiata sfuggevole al vaso lì accanto. Dopo essersene accusato davanti ai suoi fratelli, «afferrò il vaso e lo gettò nel fuoco dicendo: “Vergogniamoci di lasciarci distrarre da fantasie inutili quando nel tempo della preghiera parliamo con il Gran Re”» (2Cel 97: FF 684).
Vasi che si rompono, verrebbe da dire, per amore della verità. Di noi stessi e del nostro rapporto con Dio. Come un altro famoso «vaso d’alabastro», che una donna ruppe per versarne il profumato e prezioso contenuto sui piedi di Gesù (Mc 14,3-9). Ma niente paura! Francesco era esperto anche in “restauri miracolosi” di vasi spezzati o crepati (3Cel 185: FF 1006). Del resto, lo sapevamo già, dall’esempio del vasaio, che se il vaso che sta modellando gli si rovina tra le mani, riprova di nuovo finché non gli esce bene. «Forse non potrei agire con voi, casa d’Israele, come questo vasaio? Oracolo del Signore. Ecco, come l’argilla è nelle mani del vasaio, così voi siete nelle mie mani», conclude Dio (Ger 18,6).
Un unico fragile vaso di cui stare attenti: la nostra umanità. «Noi abbiamo questo tesoro (l’amore di Dio) in vasi di creta, affinché appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi» (2Cor 4,7).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/6)
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