Potere alla Parola! Terza: Laudato si’!
Un’altra parola di san Francesco. Ce l’hanno insegnata a scuola, dicendoci che è stata una delle prime in lingua volgare. Ed è bello che l’italiano sia iniziato così: laudato si’! Che è come dire, con tutte le proprie forze: grazie! È lasciare ad ogni atomo del nostro corpo di danzare sulle note della vita! È sintonizzarsi con il canto della creazione, con il grazie che ogni fiore, insetto, foglia, goccia d’acqua, tramonto, pianeta, galassia, innalza al Creatore! È un atteggiamento di fondo, non di chi non veda la realtà per quella che è, e talvolta quasi inguardabile. Ma di chi la vede nei sogni provvidenziali di Dio.
Di chi sa stupirsi, ed indignarsi. Meravigliarsi, ed impegnarsi. Alzare lo sguardo verso il cielo, ed abbassar gli occhi a terra. È lo sguardo bambino dell’adulto. È umiltà, perché è consapevolezza di quanto ciascuno di noi e tutto il resto vale agli occhi di Dio! È essere più di là che di qua, capaci di dire al passato: grazie! E al futuro: sì! La lode non causa “passività”, anzi, perché a Colui che tutto ci dà e tutto si dà a noi, non possiamo che rispondere altrettanto: «Nulla, dunque, di voi trattenete per voi, affinché tutti e per intero vi accolga Colui che tutto a voi si offre», confida Francesco ai suoi frati.
È coscienza che tutto ciò che siamo ed abbiamo, non ce lo siamo dati da soli. Ma è dono del buon Dio! A noi, eventualmente, il compito, con responsabilità e fantasia ma anche con accettazione dei propri limiti, di far crescere e di far fruttare tutti questi talenti. Per noi. Per tutti i nostri fratelli e sorelle. Per la creazione tutta. Per Dio. E forse per tutto ciò assieme.
Per Francesco e Chiara, non vivere in questo constante e continuo rendimento di grazie, significa essere… ladri! Perché presuppone la volontà di appropriarsi, e cioè non restituire al Datore di ogni bene, Dio appunto, tutti i beni che egli ci dà. Anzi, ogni cosa che egli ci dà.
Intonare il “laudato si” comporta perciò l’acuta, e talvolta sofferta, percezione della propria povertà, ma accompagnata dalla serenità e dalla pace che ci dà il saperci sprofondati nelle mani di Dio. Questa è la vera letizia! Saperci lì al sicuro, qualsiasi cosa e qualsiasi esperienza ci sia dato di vivere.
Spingendosi fino all’estremo? Perché no. Osando con Francesco, se non proprio cantare come fece lui quella sera del 3 ottobre 1226, alla Porziuncola, almeno sussurrare: “Laudato sie, mi Signore, per sora nostra morte corporale!”.
Così terminano le Lodi per ogni ora, composte da san Francesco: «Onnipotente, santissimo, altissimo e sommo Iddio, ogni bene, sommo bene, tutto il bene, che solo sei buono, fa’ che noi ti rendiamo ogni lode, ogni gloria, ogni grazia, ogni onore, ogni benedizione e tutti i beni. Amen».
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