Potere alla Parola! Prima: Pace e bene!
Le parole di Francesco d’Assisi. Alcune diventate proverbiali, ormai parte dei nostri modi di dire. Per esempio il saluto di “pace e bene”.
Quante volte il dono della pace che noi chiediamo ha più a che fare con la nostra pigrizia e viltà, che non con la pace evangelicamente e francescanamente intesa?!
La chiamiamo pomposamente “pace”, ma non assomiglia piuttosto alla nostra “tranquillità”? Altresì detta: gli altri mi lasciano vivere, mi lasciano cioè in pace, e io lascio vivere gli altri, li lascio cioè in pace.
Nella primavera del 1198, Francesco dovrebbe avere circa 18 anni, gli abitanti di Assisi, e probabilmente Francesco tra di loro, prendono d’assalto la rocca, simbolo del potere imperiale, e la distruggono.
Ma di sicuro fu alla guerra contro Perugia, anch’egli armato fino ai denti, alla battaglia di Collestrada (1202) (mi sono sempre chiesto se avrà ammazzato qualcuno durante il combattimento…). Sappiamo che non finì bene: Francesco si fece quasi un anno di “carcere duro”. Non c’è che dire: davvero un bel inizio per il nostro campione della pace!
Eppure questo ce la dice lunga, in realtà, su cosa significhi “pace” per lui…
Come ce la dice lunga tutta una vita trascorsa non certo tra comodità e disimpegno. Tutta una vita andando a cercarsi guai e a cacciarsi nelle situazioni più conflittuali possibili! Che bisogno c’era di andare pure lui dal sultano? E chi glielo faceva fare di accorrere lì dovunque la gente se le dava di santa ragione?
Francesco aveva il temperamento di un “combattente”, e anche quando scoprirà la pace, questa non sarà mai per lui un rifugio. La pace evangelica non sarà per lui la reazione di una vita timorosa che cerca di proteggersi dagli affronti e dalle preoccupazioni del mondo.
«La pace che annunziate con la bocca, abbiatela ancor più copiosa nei vostri cuori»: dice Francesco ai suoi frati. Ecco da dove si parte per qualsiasi trattato, marcia o preghiera di pace! I “pacifici” sono prima dei “pacificati”…
È significativo che Francesco parli di pace in riferimento a situazioni di “conflitto”, di sofferenza: non come superamento o assenza, ma come un “starci dentro”.
Ecco come commenta la beatitudine evangelica:
Beati i pacifici, poiché saranno chiamati figli di Dio. Sono veri pacifici quelli che di tutte le cose che sopportano in questo mondo, per amore del Signore nostro Gesù Cristo, conservano la pace nell’anima e nel corpo (Am 15: FF 164).
Non è: Signore, liberaci da tutti i guai!; ma: in ogni momento, anche nel peggiore, non farci perdere la pace!
Di pace, in giro per il mondo, se ne vede davvero poca. Eppure i seguaci del Poverello di Assisi si ostinano imperterriti a spargere attorno a sé il saluto di “pace e bene”!
Forse perché hanno capito che la pace va conquistata, e a caro prezzo, giorno per giorno, senza mai demordere né arrendersi?
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