Matt Talbot, francescano secolare (1836-1925), venerabile

07 Giugno

Nasce a Dublino (Irlanda), il 2 maggio 1856, in una famiglia di 12 figli, ai quali il padre, dipendente di dogana può garantire appena un’infarinatura di istruzione, avendo bisogno che inizino presto a lavorare, per aiutarlo a sbarcare il lunario. A soli 14 anni, scolando i fondi delle bottiglie nella fabbrica in cui lavora, si innamora della birra. Vedendo il figlio tornare ogni giorno anormalmente allegro, papà Talbot arriva alla conclusione che il suo Matt non può continuare a lavorare nel birrificio e gli cerca un lavoro al porto di Dublino, come scaricatore di traghetti. Qui, vedendosi passare tra le mani intere casse di whisky, impara subito i trucchi per far “sparire” qualche bottiglia, che si scola in solitudine. Per di più  ha imparato anche un vocabolario da autentico “scaricatore di porto”, in cui le bestemmie si alternano alle volgarità. È lui stesso che, in uno scatto di orgoglio, si cerca un  altro lavoro che gli permetta di uscire dal degrado in cui si trova. Si mette così a fare il muratore, ma prende l’abitudine di finire le sue giornate in qualche osteria, a bruciare la sua paga nelle bottiglie. Così fino a 28 anni, reso ormai così schiavo del vino da impegnare anche i suoi vestiti per poterlo comprare. La svolta arriva in un sabato del 1884, quando senza  un centesimo in tasca, staziona nei pressi di un’osteria, nella speranza che i suoi abituali compagni di bevute gli offrano almeno un bicchier di vino. Ricevendo invece solo battute di scherno, quel giorno sorprendendo la mamma, rincasa presto e completamente sobrio, dichiarando di voler far voto di non bere più. Con il vestito buono della festa va a cercare un prete che, dopo averlo confessato gli consiglia un voto temporaneo, di tre mesi appena. La sua giornata inizia alle cinque del mattino con la messa e la comunione e, finito il lavoro, si dedica a lunghe passeggiate, che tuttavia il suo fisico, appena trentenne ma distrutto dall’alcol, non riesce a sopportare. È così costretto a sempre più frequenti soste nelle chiese ed in esse si trattiene fino al momento della chiusura. Pian piano la devozione eucaristica lo distacca completamente dal vizio e al termine dei tre mesi è in grado di prolungare il suo voto di sei mesi, fino ad arrivare al voto dell’intera vita. Si dedica corpo ed anima a rendere migliore l’ambiente in cui vive e lavora, seminando pace e riconciliazione e battendosi per difendere i diritti dei colleghi, al punto che i  Sindacati, oggi, lo considerarono uno dei fondatori del Movimento dei Lavoratori Cristiani. Vive di Eucaristia, di Bibbia e di volontarie privazioni, rinunciando a formarsi una famiglia per poter più completamente essere a servizio del vangelo. Il 7 giugno 1925, mentre come di consueto si reca alla sua seconda messa festiva, un infarto lo stronca sui gradini della chiesa: non ha documenti, è miseramente vestito e solo tre giorni dopo riescono ad identificarlo. Lo seppelliscono come qualsiasi cristiano, ma già nelle settimane successive la sua tomba diventa meta di pellegrinaggi spontanei, soprattutto di chi sta cercando di percorrere la sua stessa strada di liberazione da qualsiasi forma di vizio.
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Messaggero di Sant'Antonio