Il Santorale Francescano
La Parola di Dio è faccenda “da compagnia”. In compagnia della Chiesa, che ce l’ha trasmessa. In compagnia di tanti cristiani che, anche a proprio rischio, la leggono, la meditano e cercano di viverla. In compagnia di tanti santi: come sant’Antonio di Padova, che ad essa ha dedicato tutto se stesso, e la sua lingua, o come san Francesco, che se l’è trovata impressa nella carne! Come santa Chiara, che ne ha fatto la regola della vita sua e delle sue sorelle a S. Damiano. Come tanti santi francescani, frati, suore, laici: conoscerli ce li rende compagni di strada, giorno per giorno, possibilità concreta per noi di una vita vissuta per Dio e i fratelli. In una santità che trascina con sé tutto il “peso” della nostra carne, della nostra storia, dei nostri sogni e delle nostre fatiche. Come le belle illustrazioni di Luca Salvagno ci mostrano…
Costanza Donati, clarissa (†1308), beata

Nata a Firenze e battezzata col nome di Piccarda, in una delle famiglie più nobili e potenti della città, era stata indirizzata da subito dai progetti paterni a sposarsi con un nobile di un’altra potente casata fiorentina. Costanza desiderava invece consacrarsi a Dio tra le clarisse del monastero di Monticelli. Saputo delle intenzioni paterne, Costanza si rifugiò prontamente nel monastero, dove professò la Regola di santa Chiara. Il padre Simone si precipitò al monastero, e su tutte le furie cercò in ogni modo e con ogni minaccia di convincere la figlia a tornarsene sui suoi passi. Non essendoci riuscito, di notte il fratello di Costanza, Corso, aiutato da altri dodici uomini, entrò di nascosto nel monastero, scavalcando il muro di cinta. Riuscirono a scovare Costanza, che con le altre suore si recava alla preghiera notturna in coro, e rapitala la trascinò fino alla casa paterna. A questo punto Costanza, intuendo che la fonte dei suoi guai era proprio la sua bellezza, pregò il Signore di toglierla: così una malattia, che in pochi giorni la condusse poco più che ventenne alla morte, le provocò su tutto il corpo tremende e purulente piaghe, tali da renderla inavvicinabile a chiunque anche per la puzza. Il fratello Corso si sarebbe successivamente pentito di ciò che aveva fatto, chiedendone pubblicamente perdono.