Considerando queste cose

Considerando queste cose

Così fu generato Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, poiché era uomo giusto e non voleva accusarla pubblicamente, pensò di ripudiarla in segreto.
Però, mentre stava considerando queste cose, ecco, gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: «Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa. Infatti il bambino che è generato in lei viene dallo Spirito Santo; ella darà alla luce un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati».
Tutto questo è avvenuto perché si compisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: «Ecco, la vergine concepirà e darà alla luce un figlio: a lui sarà dato il nome di Emmanuele», che significa “Dio con noi”.
Quando si destò dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa. (Mt 1,18-24)

IV Domenica di Avvento – anno A – Nei diciassette versetti iniziali del primo capitolo del suo vangelo, Matteo riassume – sotto forma di un elenco ben selezionato di antichi padri di Israele – la preistoria della salvezza nell’Antico Testamento. Nel nostro brano evangelico sono presentati i tre personaggi che stanno agli inizi degli eventi definitivi: il Figlio di Dio, divenuto l’uomo Gesù e l’Emmanuele (vv. 21-23); Maria di Nazaret, sposa di Giuseppe, divenuta madre di Gesù per intervento dello Spirito Santo (vv. 18 e 20); Giuseppe, della casa di Davide, chiamato a fare da padre al Figlio di Dio e di Maria, imponendogli il nome di Gesù (vv. 19-20.24).

Fondamentalmente, lo sguardo di fede è sul mistero del Figlio di Dio divenuto uomo per iniziativa di Dio e del suo Spirito. I due primi credenti, coinvolti in maniera differente, ma ugualmente decisiva in questo ingresso del Signore nella storia umana, sono Maria di Nazaret e Giuseppe betlemmita. Essi, nella rievocazione che qui ci offre Matteo, non parlano, ma obbediscono al piano che viene loro indicato da Dio. Anzi, nei due capitoli relativi al «vangelo dell’infanzia» (cf. Mt 1-2), Maria e Giuseppe si lasciano unicamente guidare dagli eventi e dall’interpretazione che il Signore stesso offre attraverso il sogno. Eventi difficili e incompressibili: pongono Giuseppe nella dimensione riflessiva: «Considerando queste cose…». E nell’azione riflessiva seppur angosciata per il futuro di Maria, Dio lo raggiunge con una parola di pace e di fiducia nei confronti di Giuseppe, che merita conoscere il futuro di bene che scaturirà dal suo accogliere Maria.

Al nostro evangelista sta soprattutto a cuore mostrare quanto i due ruoli, espressi dai nomi assegnati al Figlio di Dio fatto uomo, corrispondano perfettamente a ciò che il Signore è stato ed è per l’umanità: «Gesù», cioè salvatore di tutti con il suo sangue versato per l’umanità (cf. Mt 26,28), ed «Emmanuele», ossia Dio con noi «tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli» (cf. Mt 28,20).

Commentano le Sorelle clarisse di Borgo Valsugana (TN):

È impressionante l’apertura del Vangelo di Matteo: l’entrata del Figlio di Dio nella storia degli uomini è evento di una serietà impressionante. Inaudito e tremendum, il mistero coinvolge Giuseppe, uomo mite e retto, giusto e timorato di Dio. Giuseppe è uno dei dimenticati discendenti di Davide la cui stirpe è decaduta, ma nel suo sangue scorre la stessa semplicità e lo stesso slancio di fede del grande re d’Israele, «peccatore e credente» come l’aveva definito il card. Martini. Forse, a causa del folklore romantico che avvolge l’atmosfera natalizia, rischiamo di leggere i vangeli delle due annunciazioni (a Maria e a Giuseppe) e quelli della natività come fossero delle fiabe. Ma questi vangeli, come quello odierno, non sono romantici: sono pieni di un amore appassionato che li rende drammatici, perché chiamano in causa la libertà di coloro che da questo amore sono raggiunti e interpellati. Drammatico è l’amore di Dio per l’umanità, ma anche l’amore di Giuseppe per Maria. Il dramma entra nella vita di Giuseppe quando la sua giovane promessa sposa rimane incinta per opera dello Spirito Santo. Non è però un’obiezione per Giuseppe che il Figlio portato in grembo da Maria sia stato concepito per opera dello Spirito Santo, lo è invece il suo ruolo rispetto alla maternità di lei proprio in quanto maternità divina. Giuseppe non è «padre per caso»: ma perché egli possa scorgere una parola «per lui» in questo evento è necessario che Dio lo illumini con la profezia annunciata ad Acaz molti secoli prima. Il Dio-per-noi è il Dio-con-noi!

Curiosamente Bibbia Francescana questa volta è “deludente”. Non offre menzioni dirette per il brano matteano della liturgia odierna. E ancor più stupisce che san Giuseppe sposo di Maria non trovi spazio nei testi delle Fonti Francescane: unica eccezione, il solo riferimento alla festa liturgica di s.Giuseppe (19 marzo) come occasione per i terziari francescani di ottenere l’indulgenza plenaria alle condizioni previste dalla Chiesa.

Anche s.Antonio di Padova ha un solo cenno breve al brano matteano:

«O tu, donna più felice di ogni altra, che hai avuto il figlio in comune con Dio Padre! Di quale gloria risplenderebbe una misera donna se avesse un figlio da un imperatore di questo mondo? Di gran lunga più grande è la gloria di Maria che ha condiviso il Figlio con Dio Padre. “Partorì il Figlio suo”. Il Padre ha dato la divinità, la Madre l’umanità; il Padre ha dato la maestà, la Madre l’infermità. “Partorì il suo Figlio”, l’Emmanuele, cioè il “Dio con noi” (cf. Mt 1,23): chi dunque sarà contro di noi? (cf. Rm 8,31)» (Sermone del Natale del Signore, 6). «Giuseppe, che s’interpreta “crescente” (cf. Gn 49,22), raffigura il cristiano che, inserito nella chiesa per la fede in Cristo, deve crescere di bene in meglio e portare frutti di vita eterna» (Sermone della Festa dei Santi Innocenti, 2).

Facciamo riferimento allora ad un altro francescano, un terziario francescano illustre, don Tonino Bello (già Vescovo di Molfetta, ora Servo di Dio) che dedicò alla figura di s.Giuseppe un monologo surreale e stupendo (La carezza di Dio, Molfetta 1988). Qui potete ascoltarlo dalla sue stesse parole. oppure leggere tutto a questa pagina web. Qui sotto un solo (significativo) estratto:

«Vedi, Giuseppe. In questi pochi minuti dacché sto parlando con te, sono già entrati nella bottega un bambino in lacrime con la ruzzola a cui rifare l’asse, una vecchietta con la scranna da impagliare di nuovo, un contadino col mastello a cui si è infracidita una doga, in carrettiere col mozzo della ruota che si è sgranato dai raggi. Da noi, non si usa più. Quando un oggetto si è anche leggermente incrinato nella sua funzionalità, lo si mette da parte senza appello. La nostra, la chiamano perciò civiltà dell’usa e getta». […]
«Vedi, Giuseppe, da quando seno entrato nella tua bottega, quante carezze non hai fatto su quel legno denudato dalla pialla! Quante carezze: con le palme della mano, con i pennelli, con le spatole, con gli occhi. Sì, anche con gli occhi, perché, ora che hai finito una culla, sei tu che non ti stanchi di cullarla con lo sguardo. Oggi, purtroppo, da noi non si carezza più. Si consuma solo. Anzi, si concupisce». […]
«Dimmi, Giuseppe, quand’è che hai conosciuto Maria? Forse un mattino di primavera, mentre tornava dalla fontana del villaggio […]? Quando ti ha ricambiato il sorriso e ti ha sfiorato il capo con la prima carezza, che forse era la sua prima benedizione e tu non lo sapevi; e poi tu la notte hai intriso il cuscino con lacrime di felicità?».
«Solo tu, il sognatore, potevi capirla. Ti ha parlato di Jahvè. Di un angelo del Signore. Di un mistero nascosto nei secoli e ora nascosto nel suo grembo. Di un progetto più grande dell’universo e più alto del firmamento che vi sovrastava. Poi ti ha chiesto di uscire dalla sua vita, di dirle addio e di dimenticarla per sempre. Fu allora che la stringesti per la prima volta al cuore e le dicesti tremando: “Per me, rinuncio volentieri ai miei piani. Voglio condividere i tuoi, Maria, purché mi faccia stare con te”. Lei ti rispose di sì, e tu le sfiorasti il grembo con una carezza: era la tua prima benedizione sulla Chiesa nascente». […]
«Ma io penso che hai avuto più coraggio tu a condividere il progetto di Maria, di quanto ne abbia avuto lei a condividere il progetto del Signore. Lei ha puntato tutto sull’onnipotenza del Creatore. Tu hai scommesso tutto sulla fragilità di una creatura. Lei ha avuto più fede, ma tu hai avuto più speranza. La carità ha fatto il resto, in te e in lei».

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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