il pollice, l’indice e il medio sono uniti, mentre l’anulare e il mignolo raccolti nel palmo della mano
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso.
Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annuncerà le cose future.
Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà». (Gv 16,12-15)
Solennità della Santissima Trinità – anno C – Prima della sua morte, in un discorso di addio, Gesù promette la venuta dello Spirito Santo e ne annuncia la funzione: lo Spirito introdurrà i discepoli nella piena comprensione di quanto egli ha detto e compiuto sulla terra. Lo «Spirito di verità» (v. 13) realizzerà questo non parlando per conto proprio, ma comunicando ciò che è del Figlio (v. 14), e cioè ciò che lo stesso Figlio ha ricevuto dal Padre (v. 15).
C’è stato il tempo di Gesù di Nazaret: attraverso il suo insegnamento e la sua vita, egli ha rivelato il Padre e la sua unità con lui. Certamente Gesù, durante il ministero terreno, ha fatto conoscere «tutto ciò che ha udito dal Padre suo» (cf. Gv 15,15). Lo Spirito Santo, perciò, non ha da completare un’opera incompiuta e non fa concorrenza al Figlio con un altro insegnamento, ma – afferma Gesù – «prenderà del mio per comunicarvelo» (cf. v. 15). Dopo la partenza di Gesù da questo mondo lo Spirito avrà il compito di introdurre i credenti nella comprensione intera della verità, di fare penetrare il discepolo nel mistero del Figlio e della sua opera, di ammetterlo all’intelligenza profonda della fede, possibile soltanto alla luce dell’evento pasquale. Con la luce della fede comunicata, il Paraclito illumina sia il passato di Gesù, sia la sua realtà attuale di Figlio glorificato che sulla croce ha manifestato il suo amore totale per il Padre e per l’umanità. Emerge la struttura trinitaria dell’agire dello Spirito Santo: nella sua azione viene sperimentata la presenza del Figlio incarnato e risorto, trasparenza dell’amore del Padre. Essi tre distinti, eppure Uno.
Un anonimo autore ha scritto questo curioso testo per descrivere il ruolo dell’uomo di fronte al il mistero della Trinità:
«Un giorno Dio intese il lamento dell’Uomo: “Esisti veramente? Io non posso vederti!”. Allora Dio, toccato nel cuore, mandò agli uomini suo Figlio.
Ma fu presto raggiunto da un altro appello: “Padre, dove sei?”. Allora Dio inviò il suo Spirito.
E quando Dio stesso entrò nel cuore dell’Uomo, ad una sola voce essi dissero: “Tre volte ti ho cercato, e tre volte ti ho trovato! Che tu sia tre volte benedetto!”.
Sia benedetto Dio Padre e l’unigenito Figlio di Dio e lo Spirito Santo: perché grande è il suo amore per noi».
Il “segno della croce” è il gesto col quale i cristiani significano la benedizione della propria persona nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. […] Tale pratica apparve verosimilmente molto presto nella storia del cristianesimo, e colpisce constatare come la sua evoluzione abbia seguito quella della Chiesa, in particolare lo scisma tra Oriente e Occidente, poiché due maniere di segnarsi distinguono ormai i cristiani cattolici e quelli ortodossi. La tradizione che si è imposta in Occidente, predominante tra i cattolici latini, è di segnarsi dall’alto in basso, poi da sinistra a destra. Spesso viene tracciato con la mano destra aperta, le cinque dita giunte a evocare le cinque piaghe di Cristo. Quest’uso, però, è relativamente recente e si differenzia dalla pratica primitiva, che ha ancora corso nel mondo cristiano orientale. In effetti, in origine i cristiani si segnavano dall’alto in basso e poi da destra a sinistra. Il pollice, l’indice e il medio sono uniti, a evocare la Trinità consustanziale e indivisibile, mentre l’anulare e il mignolo, raccolti nel palmo della mano, evocano le due nature di Cristo – quella umana e quella divina (Dogma del Concilio di Calcedonia).
La tradizione orientale e primitiva riproduce quindi il gesto della benedizione data dal clero come in uno specchio: la benedizione data dal prete o dal vescovo riproduce il gesto di Gesù raffigurato nelle icone bizantine, ove il pollice della mano benedicente tocca o sfiora l’anulare, l’indice è alzato verso l’alto, il medio e il mignolo sono lievemente piegati. Così la mano del prete forma le lettere iniziali e finali delle parole “Gesù Cristo” in greco – “IC” e “XC” – sempre ricordando l’associazione delle tre Persone della Trinità e le due nature di Cristo. La mano che benedice traccia così il segno della croce verso il fedele dall’alto in basso, poi da sinistra a destra. Questo senso, che è sempre quello delle benedizioni impartite dal clero, in Oriente come in Occidente, è verosimilmente quello in uso fin dai primi tempi dell’era cristiana. Ed è quanto giustifica la pratica orientale del segno della croce: riproducendo come in uno specchio il gesto della benedizione impartita da un’autorità, si riconosce implicitamente che nessuno potrebbe veramente benedire sé stesso e che, anche in assenza di un membro del clero, ogni benedizione viene ricevuta da una potenza superiore, in ultima analisi quella di Dio.
La storia del segno della croce è quindi legata a quella della benedizione. La pratica occidentale, del resto, è ormai quella di benedire con la mano aperta, e così i fedeli si segnano con la mano aperta. Divenuto un segno distintivo delle specificità di ogni tradizione, la preferenza di un senso o dell’altro trova più di una spiegazione simbolica (più o meno convincenti): tracciando su di sé la croce da sinistra a destra, si significherebbe il passaggio dalle tenebre alla luce, dalla miseria alla gloria – così speculava a suo tempo, il XIII secolo, Innocenzo III, quando tale pratica cominciava a prendere piede in Occidente. Ma perché la benedizione, da parte sua, è stata fin dal principio e data dall’alto in basso e da sinistra a destra, dettando il senso originale del segno della croce compiuto dai fedeli? Forse semplicemente perché questo è il senso naturale della lettura e della scrittura nelle lingue latina e greca. Benedicendo, il clero “scrive” la croce su quelli che benedice. Una cosa è sicura: il segno della croce, quale che sia il senso in cui è tracciato, è un gesto orante e un’invocazione della Santa Trinità. [da Aleteia]
Nel segno trinitario della croce Francesco d’Assisi trova l’entusiasmo che lo conduce alla conversione nella vita povera:
«Un giorno finalmente, dopo aver implorato con tutto il cuore la misericordia divina, gli fu rivelato dal Signore come doveva comportarsi. E da allora fu ripieno di tanto gaudio che, non riuscendo a contenersi per la letizia, riversava, pur non volendo, qualcosa agli orecchi degli uomini. […] Francesco pertanto balza in piedi, fa il segno della croce, appronta un cavallo, monta in sella e, portando con sé panni di scarlatto da vendere, arriva in tutta fretta a Foligno. Ivi, secondo la sua abitudine, vende tutta la merce e, da fortunato mercante, perfino il cavallo! Sul cammino del ritorno, libero da ogni peso, se ne andava pensando religiosamente che cosa dovesse fare di quel denaro. Convertito a Dio in maniera rapida e meravigliosa, sentiva tale somma troppo ingombrante, la portasse pure per un’ora sola. Cosı`, tenendone conto quanto la rena, si affrettò a disfarsene» (Tommaso da Celano, Vita Prima, 8 : FF 330. 333).
La solida fede trinitaria di Francesco di Assisi si incontra poi in moltissimi dei suoi scritti. Solo per darne un esempio:
«E chiunque osserverà queste cose [espresse nel Testamento], sia ricolmo in cielo della benedizione dell’altissimo Padre, e in terra sia ripieno della benedizione del diletto Figlio suo col santissimo Spirito Paraclito e con tutte le potenze dei cieli e con tutti i santi. Ed io, frate Francesco, il più piccolo dei frati, vostro servo, come posso, confermo a voi dentro e fuori questa santissima benedizione. Amen». (Francesco d’Assisi, 2Testamento, 40-41 : FF 131)
«E poiché tutti noi miseri e peccatori non siamo degni di nominarti, [o Dio Padre], supplici preghiamo che il Signore nostro Gesù Cristo Figlio tuo diletto, nel quale ti sei compiaciuto, insieme con lo Spirito Santo Paraclito ti renda grazie, così come a te e ad essi piace, per ogni cosa, Lui che ti basta sempre in tutto e per il quale a noi hai fatto cose tanto grandi. Alleluia». (Francesco d’Assisi, Regola non Bollata, XXIII : FF 66).
«Questa o simile esortazione e lode tutti i miei frati, quando vogliono, possono rivolgere a ciascun uomo con la benedizione di Dio: “Temete e onorate, lodate e benedite, ringraziate e adorate il Signore Dio onnipotente nella Trinità e nell’unità, Padre e Figlio e Spirito Santo, creatore di tutte le cose”…». (Francesco d’Assisi, Regola non Bollata, XXI : FF 55)
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