Lc 9,51-62

e si misero in cammino

e si misero in cammino

Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato elevato in alto, Gesù prese la ferma decisione di mettersi in cammino verso Gerusalemme e mandò messaggeri davanti a sé.
Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per preparargli l’ingresso. Ma essi non vollero riceverlo, perché era chiaramente in cammino verso Gerusalemme. Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: «Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?». Si voltò e li rimproverò. E si misero in cammino verso un altro villaggio.
Mentre camminavano per la strada, un tale gli disse: «Ti seguirò dovunque tu vada». E Gesù gli rispose: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
A un altro disse: «Seguimi». E costui rispose: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Gli replicò: «Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu invece va’ e annuncia il regno di Dio».
Un altro disse: «Ti seguirò, Signore; prima però lascia che io mi congedi da quelli di casa mia». Ma Gesù gli rispose: «Nessuno che mette mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio». (Lc 9,51-62)

Domenica XIII del Tempo ordinario – anno C – Dopo lunghissimo tempo la liturgia domenicale torna con la sua “ordinarietà” (niente feste, niente solennità…) che però assume coloritura nuova alla luce del “tempo pentecostale” che ci accompagnerà fino all’Avvento 2019. E’ dunque la chiave “missionaria” evocata dalla Pentecoste che offre una “chiave di lettura” alla pagina evangelica proposta. E anche se gli eventi narrati dalla pericope lucana sono avvenuti prima della passione-morte-risurrezione-ascensione-pentecoste, la dinamica missionaria evidenziata da Luca è evidente.

L’inizio del brano rappresenta un punto chiave del terzo vangelo: si apre qui il lungo viaggio di Gesù, un cammino non solo geografico ma anche spirituale e teologico che culminerà oltre la città di Gerusalemme, con la sua ascensione da questo mondo. La decisione del maestro appare salda e risoluta (v. 51) tanto da ispirare a Giacomo e Giovanni, di fronte al rifiuto dei samaritani, la richiesta di un «fuoco dal cielo» (vv. 52-54) sull’esempio di quanto aveva domandato il profeta Elia (cf. 2Re 1,10-12). Ma la radicalità richiesta da Gesù è di altro segno, come espresso nelle tre brevi scene che seguono, le quali mettono a tema le esigenze della sequela cristiana (cf. vv. 57-62). La chiamata rivolta ai discepoli è un invito a entrare nel cammino di Gesù fino a lasciarsi «togliere» dal mondo insieme con lui.

Gesù è presentato nel momento solenne e sofferto nel quale «indurisce la sua faccia» (così il testo originale, con evidente riferimento all’esperienza dei profeti) per andare a Gerusalemme (v. 51). Si tratta, per lui, di una duplice, impegnativa decisione: quella di essere fedele agli uomini verso i quali ha una missione da compiere, e quella di essere fedele al Padre, al quale orienta la sua vita fino a quando egli lo toglierà da questo mondo.
Questa determinazione rende il maestro più esigente degli stessi profeti verso coloro che egli chiama alla sua sequela: Gesù domanda disponibilità ad abbandonare benessere e sicurezza («Il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo»: v. 58), distacco dalla realtà in assoluto più cara, quella degli affetti familiari («Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’!»: v. 60), adesione totale al regno che non ammette ritardi o rimpianti («Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio»: v. 62).

La persona di Cristo e il regno che annuncia rappresentano il valore assoluto che rende secondario e penultimo tutto il resto. Al tempo stesso, di fronte ai discepoli, indignati per il rifiuto dei Samaritani, e desiderosi di un’immediata punizione (vv. 53-54), Gesù annuncia che, prima del tempo del giudizio, c’è il tempo della conversione e della missione nel quale al discepolo è chiesto di testimoniare in forma radicale la bontà, la misericordia e la pazienza divina. Allora, nessuna punizione divina, ma “mettersi in cammino verso un altro villaggio”, per portare ovunque la Parola di salvezza.

Questo racconto è come una sintesi che annuncia tutto ciò che segue nella narrazione di Luca: i rifiuti opposti a Gesù, la tentazione di usare la potenza e la violenza per spezzare le resistenze, l’accettazione da parte di Gesù del fallimento, fino al dono del fuoco “nuovo” – non distruttore – dello Spirito della Pentecoste.

La radicalità evocata dalla pagina evangelica è molto presente nel carisma francescano delle origini. Già nella Regola non bollata Francesco si dimostra categorico per i nuovi confratelli che desiderano farsi Frati Minori:

«Finito poi l’anno e il periodo della prova, sia ricevuto all’obbedienza. Dopo di che non gli sarà lecito passare ad altra Religione, né «andar vagando fuori dell’obbedienza», secondo la prescrizione del signor papa e secondo il Vangelo, poiché nessuno che mette mano all’aratro e guarda indietro è adatto al regno di Dio» (Regola non bollata, II : FF 7 oppure FF 80).

E anche i biografi antichi videro in Francesco la realizzazione delle parole evangeliche lucane:

«Francesco, pastore del piccolo gregge, guidato dalla grazia divina, condusse i suoi dodici frati a Santa Maria della Porziuncola, perché voleva che l’Ordine dei minori crescesse e si sviluppasse, con l’aiuto della Madre di Dio, là dove, per i meriti di lei, aveva avuto inizio. Là , inoltre, divenne araldo del Vangelo. Si mise, infatti, a percorrere città e villaggi e ad annunziarvi il regno di Dio, non basandosi sui discorsi persuasivi della sapienza umana, ma sulla potenza dello Spirito» (Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda maggiore, IV,5 : FF 1072).

«Noi che siamo stati con lui, lo [= Francesco] abbiamo udito dire a più riprese quella parola del Vangelo: Le volpi hanno la tana e gli uccelli del cielo il nido, ma il figlio dell’uomo non ha dove posare il capo» (Compilazione di Assisi, 57 : FF 1582).

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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