con gli occhi sui discepoli
In quel tempo, Gesù, disceso con i Dodici, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidone. Ed egli, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, diceva:
«Beati voi, poveri, / perché vostro è il regno di Dio.
Beati voi, che ora avete fame, / perché sarete saziati.
Beati voi, che ora piangete, / perché riderete.
Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e vi insulteranno e disprezzeranno il vostro nome come infame, a causa del Figlio dell’uomo.
Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nel cielo.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i profeti.
Ma guai a voi, ricchi, / perché avete già ricevuto la vostra consolazione.
Guai a voi, che ora siete sazi, / perché avrete fame.
Guai a voi, che ora ridete, / perché sarete nel dolore e piangerete.
Guai, quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo infatti agivano i loro padri con i falsi profeti». (Lc 6,17.20-26)
Domenica VI del tempo ordinario – anno C – Prosegue il cammino di discepolato che ci è proposto dall’evangelista Luca in queste prime domeniche del tempo ordinario “C”. Il testo di questa domenica fa parte di una serie di scene ben collegate da un tema e dagli stessi personaggi: Gesù, i dodici, le folle (cf. Lc 6,12-49). Gesù torna dal monte (cf. Lc 6,12.17) e rivolge alle folle un grande discorso inaugurale in termini di benedizioni (dire il bene nascosto) e ammonizioni (svelare il male nascosto). Sono le famose «beatitudini» che Luca struttura in quattro annunci di felicità, comuni anche al primo vangelo (in Matteo, invece, sono otto: cf. Mt 5,3-12), unite a quattro minacce tutte sue originali. Gesù enuncia qui alcuni principi basilari del vivere cristiano.
Gesù insieme ai dodici scende dal monte e incontra le folle (v. 17): è la chiesa, nuovo popolo di Dio che va prendendo forma attorno al suo maestro. Gesù proclama il grande discorso delle beatitudini, la magna charta del regno. Enuncia quattro beatitudini e quattro minacce o guai. In Luca le beatitudini sono molto più realistiche e più brevi che in Matteo; questo, insieme alla presenza delle minacce, fa pensare che il terzo evangelista abbia conservato una tradizione più schietta e diretta delle parole di Gesù.
Matteo proclamava verità spirituali di valore generale. Per Luca, Gesù «alzati gli occhi verso i suoi discepoli» descrive in modo diretto e personale la “rivelazione” della loro condizione. Il “voi” usato da Gesù indica i Galilei che ha riunito. Certamente però anche i cristiani delle prime comunità cristiane, quelle animate dal racconto di Luca, quelle di “modesta origine” (1Cor 1,26-31) che anche san Paolo invita al confronto con la parola del Maestro. Un discorso accompagnato da uno sguardo per i discepoli: infatti, il contenuto del discorso sarebbe davvero complicato o incomprensibile per chi non si trovasse nella libera condizione del discepolo…
La “beatitudine” è una forma letteraria ben nota nella Scrittura (ad es. Sal 1; 32; 41; 119; 128). E’ un felicitarsi motivato, strutturato in tre parti: proclamazione della felicità; indicazione del destinatario; motivo della sua felicità. Ciò che sorprende è che qui si proclamano “beati” coloro che nel comune senso delle cose non lo sono. Ma la “buona novella” è annunziata ai poveri (Lc 4,18; 7,22), a quelli che hanno fame, a quelli che piangono, a coloro che sono insultati e disprezzati: proprio a loro è promesso un insospettabile rovesciamento di situazione (1,46-55). Ovviamente è un invito a vivere il tutto nell’ottica della fede e della speranza: dimensioni in genere aliene a chi abbia un cuore pieno di sé o di cose.
L’opposizione “beati/guai” ricorda le due vie:
Dt 30,15-20: «Vedi, io pongo oggi davanti a te la vita e il bene, la morte e il male. Oggi, perciò, io ti comando di amare il Signore, tuo Dio, di camminare per le sue vie, di osservare i suoi comandi, le sue leggi e le sue norme, perché tu viva e ti moltiplichi e il Signore, tuo Dio, ti benedica nella terra in cui tu stai per entrare per prenderne possesso. Ma se il tuo cuore si volge indietro e se tu non ascolti e ti lasci trascinare a prostrarti davanti ad altri dèi e a servirli, oggi io vi dichiaro che certo perirete, che non avrete vita lunga nel paese in cui state per entrare per prenderne possesso, attraversando il Giordano. Prendo oggi a testimoni contro di voi il cielo e la terra: io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione. Scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza, amando il Signore, tuo Dio, obbedendo alla sua voce e tenendoti unito a lui, poiché è lui la tua vita e la tua longevità, per poter così abitare nel paese che il Signore ha giurato di dare ai tuoi padri, Abramo, Isacco e Giacobbe»;
Ger 17,5-8: «Così dice il Signore: / “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, / e pone nella carne il suo sostegno, / allontanando il suo cuore dal Signore. / Sarà come un tamerisco nella steppa; / non vedrà venire il bene, / dimorerà in luoghi aridi nel deserto, / in una terra di salsedine, dove nessuno può vivere. / Benedetto l’uomo che confida nel Signore / e il Signore è la sua fiducia. / È come un albero piantato lungo un corso d’acqua, / verso la corrente stende le radici; / non teme quando viene il caldo, / le sue foglie rimangono verdi, / nell’anno della siccità non si dà pena, / non smette di produrre frutti».
La prima beatitudine lucana è per i «poveri» (v. 20), ai quali l’evangelista destina il suo vangelo (cf. Lc 4,18; 7,22); la seconda e la terza ricordano che la venuta del Messia porta abbondanza per gli «affamati» e gioia per gli «afflitti» (v. 21); la quarta proclama beati coloro che soffrono «a causa del Figlio dell’uomo» (vv. 22-23). Con il metodo del parallelismo antitetico le quattro benedizioni sono poi rielaborate al contrario, nei quattro guai, che intendono far risaltare le promesse e le esigenze delle beatitudini (vv. 24-26). Tutto il discorso è uno stimolo a collaborare con Dio.
Centrale – nell’ottica di Bibbia Francescana – la quarta beatitudine lucana accompagnata dal quarto “guai”. Tratteggia due sentimenti ben noti in san Francesco.
Il primo, riferito ai tempi difficili della profonda conversione, quando era rigettato dagli assisiati e dagli amici che non comprendevano il suo improvviso e irrazionale radicalismo evangelico (es. Leggenda maggiore, II,4 : FF 1043); ma riferito anche ai tempi non facili della fraternità che faticava ad accogliere la regola di vita che Francesco cercava di redigere per volontà della Chiesa (es. Della vera e perfetta letizia, FF 278; 2Cel, 145 : FF 729).
Il secondo, riferibile alla numerose pagine biografiche nelle quali si narra di come Francesco rifuggisse lodi o esaltazioni (es. Fioretti, X : FF 1838).
La sintesi tutta personale di Francesco la troviamo nel Cantico di frate Sole nell’unica beatitudine riferibile a coloro che hanno vissuto nella volontà di Dio (FF 263):
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra Morte corporale, / da la quale nullu homo vivente po’ skappare:
guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; / beati quelli ke trovara` ne le Tue santissime voluntati,
ka la morte secunda no ’l farra` male.
che era già stata elaborata anni prima nella Regola non bollata (XXI : FF 55):
Guai a quelli che non muoiono nella penitenza, / poiché saranno figli del diavolo di cui compiono le opere, e andranno nel fuoco eterno.
Guardatevi e astenetevi da ogni male / e perseverate sino alla fine nel bene.
[leggi QUI la storia interessante del Crocifisso di San Leo, dell’immagine qui sopra]
dedicato a sr. Già
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