Is 52,7-10

come sono belli i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero che è la Pace

come sono belli i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero che è la Pace

Come sono belli sui monti / i piedi del messaggero che annuncia la pace,
del messaggero di buone notizie che annuncia la salvezza, / che dice a Sion: «Regna il tuo Dio».
Una voce! Le tue sentinelle alzano la voce, / insieme esultano,
poiché vedono con gli occhi / il ritorno del Signore a Sion.
Prorompete insieme in canti di gioia, / rovine di Gerusalemme,
perché il Signore ha consolato il suo popolo, / ha riscattato Gerusalemme.
Il Signore ha snudato il suo santo braccio / davanti a tutte le nazioni;
tutti i confini della terra vedranno / la salvezza del nostro Dio. (Is 52,7-10)

Natale di Nostro Signore Gesù Cristo – La liturgia del Natale contiene un annuncio così grande che non si può contenere in un’unica celebrazione. E così sono ben quattro le “messe di Natale” che scandiscono il dipanare del racconto della Notizia più incredibile: un Dio che si fa uomo, per l’umanità. Dunque: messa della vigilia, messa della notte, messa dell’aurora e messa del giorno. Un rapido sguardo alla ricchezza di testi che ci vengono proposti.

  • Prima lettura. I testi presentati dal lezionario sono tutti di Isaia e precisamente: Is 62,1-5; 9,1-3.5-6; 62,11-12; 52,7-10. La salvezza di Israele viene come luce nelle tenebre della notte per realizzare un rapporto di tipo sponsale tra Dio e l’umanità. Nel figlio che viene dato si realizzano le promesse, il popolo sa che non è abbandonato. Presente anche il tema della gioia per la venuta del Signore e quello della salvezza per tutti i popoli. I salmi rispondono alle letture riprendendone con molta consonanza i temi.
  • Seconda lettura. I testi sono nell’ordine: At 13,16-17.22-25; Tt 2,11-14; Tt 3,4-7; Eb 1,1-6. At 13 mostra Gesù come il discendente promesso di Davide. I due testi della lettera a Tito vedono in Gesù il manifestarsi della grazia, della bontà e dell’amore di Dio per gli uomini. La lettera agli Ebrei, che va letta in parallelo con la lettura evangelica di Gv 1, vede in Gesù il figlio il cui nome (realtà personale) è superiore a quello degli angeli.
  • Vangelo. Nelle messe rispettivamente della vigilia, della notte, dell’aurora e del giorno sono presentati i testi di Mt 1,1-25; Lc 2,1-14; Lc 2,15-20; Gv 1,1-18. Essi sottolineano nella nascita di Gesù l’adempimento delle promesse di Dio, la «manifestazione della gloria del Signore», la risposta di fede al suo ad-ventus, il farsi uomo del Verbo di Dio.

Umili protagonisti di tanti eventi prodigiosi, i piedi. Così come ne parla ad esempio Isaia 52.

Il brano profetico della prima lettura (della messa del giorno) fa parte dei capitoli 40-55 del libro di Isaia, attribuiti generalmente a un grande profeta ignoto. L’ambientazione è interessante e sempre attuale. Al di là dei disagi di ogni genere, l’esilio babilonese è stato vissuto dagli israeliti come il crollo di tutte le promesse di Dio. Ma il capitolo 52 del libro di Isaia fu scritto in un momento in cui apparve, con certezza, ormai vicina la liberazione dall’esilio. La gioia è incontenibile. Gridano di gioia i messaggeri che annunciano il ritorno, gridano di gioia le sentinelle che ricevono l’annuncio, esultano persino le rovine di Gerusalemme. Motivo di tanta gioia è il ritorno del Signore, insieme alla fine della deportazione. La potenza di Dio sembrava sconfitta e ridotta al silenzio. E invece no: il Signore ha mantenuto per un istante il silenzio, ma ora fa sentire di nuovo la sua voce. Il popolo è stato umiliato, ma non rifiutato. Anche in situazioni difficili, Israele impara a non mettere mai in dubbio l’amore di Dio. La gioia di Israele dev’essere la nostra gioia, a motivo della certezza che Dio è venuto fra noi. Ma dov’è finita questa gioia nelle nostre comunità cristiane?

Piedi consumati dalla fatica e dal viaggio, forse doloranti e maleodoranti: eppure sono lo strumento grazie al quale il messaggero può annunciare la Pace. E per questo sono belli e preziosi. Grazie a loro l’attesa di pace e liberazione si compie e suscita la gioia.

Sono i piedi “del popolo che camminava nelle tenebre e che vide una grande luce” (Is 9,1). Sono i piedi di Giuseppe e Maria “che salgono alla città di Davide, chiamata Betlemme, per farsi registrare” (Lc 2,4-5). Sono i piedi dei pastori “che andarono dunque senza indugio e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino che giaceva nella mangiatoia” (Lc 2, 16) e che poi permettono ai medesimi di allontanarsi “glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro” (v.20). Sono i piedi di Giovanni il Battezzatore “mandato da Dio”, “come testimone per rendere testimonianza alla luce” (Gv 1,6-7). Sono i piedi di Gesù: lo contempliamo questa notte fragile e incapace di camminare, ma poi lo accompagneranno per le strade della Palestina perché “Dio nessuno lo ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato” (Gv 1,18). Quei piedi che la violenza degli uomini fermerà prima sulla croce e poi in un sepolcro: ma che lasceranno il sepolcro per portare il messaggero di Pace: “Pace a voi” (Lc 24,36). Il Risorto!

Francesco venne identificato come un messaggero di Pace, già profetato da Isaia:

«In ogni predica, all’esordio del discorso, Francesco salutava il popolo con l’augurio di pace, dicendo: «Il Signore vi dia la pace!». Aveva imparato questa forma di saluto per rivelazione del Signore, come egli stesso più tardi affermò. Fu così che, mosso anch’egli dallo spirito dei profeti, come i profeti annunciava la pace, predicava la salvezza (Is 52,7) e, con le sue ammonizioni salutari, riconciliava in un saldo patto di vera amicizia moltissimi che prima, in discordia con Cristo, si trovavano lontani dalla salvezza» (Bonaventura da Bagnoregio, Leggenda Maggiore, III,2 : FF 1052).

«Francesco camminava a piedi nudi, con indosso un abito misero, cinto i fianchi di una vile cintura. […] Anche molti altri lo schernivano e gli rivolgevano parole ingiuriose; quasi tutti lo ritenevano impazzito. Lui però non se ne curava e nemmeno rispondeva loro, attendendo con la massima sollecitudine a mettere in opera quello che Dio gli indicava. Non camminava appoggiandosi a ragionamenti di umana sapienza, ma nella manifestazione e nella forza dello Spirito» (Anonimo perugino, 9 : FF 1496).

Chiosa sant’Antonio di Padova:

«Di essi dice sempre Isaia: “Quanto sono belli”, cioè mondi dalla polvere del peccato, “sui monti”, cioè con le virtù, “i piedi del messaggero che annunzia la pace”, cioè la riconciliazione tra il peccatore e Dio, “che annunzia il bene”, cioè l’infusione della grazia; “che predica la salvezza”, cioè la vita eterna, “e che dice: O Sion”, o anima, “regnerà” in te “il tuo Dio” (Is 52,7), e non il peccato» (Sermoni. Domenica IV di Avvento, 8).

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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