cicli liturgici e fine cicli
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Vi saranno segni nel sole, nella luna e nelle stelle, e sulla terra angoscia di popoli in ansia per il fragore del mare e dei flutti, mentre gli uomini moriranno per la paura e per l’attesa di ciò che dovrà accadere sulla terra. Le potenze dei cieli infatti saranno sconvolte.
Allora vedranno il Figlio dell’uomo venire su una nube con grande potenza e gloria.
Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina.
State attenti a voi stessi, che i vostri cuori non si appesantiscano in dissipazioni, ubriachezze e affanni della vita e che quel giorno non vi piombi addosso all’improvviso; come un laccio infatti esso si abbatterà sopra tutti coloro che abitano sulla faccia di tutta la terra. Vegliate in ogni momento pregando, perché abbiate la forza di sfuggire a tutto ciò che sta per accadere, e di comparire davanti al Figlio dell’uomo» (Lc 21,25-28.34-36).
I domenica di Avvento, anno C – Pronti a ricominciare? Con la prima domenica di Avvento è tempo di nuovi inizi. Un “capodanno liturgico” che ci trova sempre un po’ spiazzati e impreparati, fuori dagli schemi degli altri calendari: solare, scolastico, lavorativo, dei campionati sportivi… Quello liturgico va proprio per conto suo. Ed è bene così. Perché parla di una relazione/attività diversa da ogni altra: quella con Dio.
E nel ricominciare c’è la consapevolezza che il percorso un po’ è già conosciuto. Cambia la guida (quest’ “Anno C” l’evangelista Luca, il Vangelo della Misericordia…), ma in fondo la conosciamo un po’ perché è la stessa di tre (sei… nove… dodici… etc.) anni fa. Cambia (un po’) la guida, dunque, ma non il percorso. Per qualcuno questo è occasione di pessimismo e noia: ancora tutto uguale!? Eppure – a pensarci bene – l’unica cosa che cambia davvero siamo proprio noi: età diverse, maturità diverse, esperienze diverse, cadute, salite, gioie e dolori…: tutte cose che rendono noi stessi sempre uguali ma ogni anno diversi. Nella constatazione di compagni di cammino forse venuti meno e altri che si sono provvidenzialmente aggiunti. Il “ciclo liturgico” assomiglia allora forse più ad un tandem o risciò dove si è insieme a pedalare, e qualche volta pure a fermarsi per riparare le ruote bucate e sporcarci le mani per rimettere su la catena caduta. Ma – insieme – verso la meta.
All’interno di questa ciclicità delle cose (non solo liturgiche, anche le stagioni “che non sono più quelle di una volta”, o le stagioni della vita…) ci si accorge che parlare di cose ultime, di cose che chiudono la ciclicità, beh… un po’ di ansia c’è: no? Forse è proprio qui il segreto ed il senso del vangelo proposto oggi prima domenica di Avvento di quest’anno: accompagnare l’ansia e senso di vuoto con una parola che offre “un fine” (uno scopo) piuttosto che “la fine”.
Come Matteo e Marco, l’evangelista Luca riporta un lungo discorso di Gesù sulla fine dei tempi e come loro lo fa nello stile delle apocalissi, inaugurato dal libro di Daniele 200 anni prima e molto in uso nella letteratura ebraica dell’epoca di Gesù. Come gli altri evangelisti, anche Luca colloca questo insegnamento dopo una serie di controversie con i responsabili del popolo e immediatamente prima del racconto della Passione. Luca, dunque, offre con questo discorso l’ultimo insegnamento di Gesù. Differenziandosi, però, da Matteo e Marco, Luca non colloca questo discorso sul monte degli Ulivi, ma nel tempio. Gesù non si rivolge ai soli discepoli, ma al popolo. E, soprattutto, Luca distingue nettamente le persecuzioni dei discepoli e la rovina del tempio, che «verranno prima» (21,9.12), dalla fine dei tempi che verrà dopo.
Tre principali affermazioni dominano questo insegnamento: non bisogna credere che il ritorno glorioso del Figlio dell’uomo sia imminente: lo precederà un lungo periodo di persecuzione e di prova. Tuttavia, la vittoria è certa: il regno di Dio sarà instaurato dal Figlio dell’uomo. Di conseguenza, il comportamento del credente deve essere contrassegnato dal la perseveranza, dalla vigilanza, dalla preghiera e dalla speranza.
Piano di questa unità letteraria: introduzione (21,5-7); avvertimento iniziale (21,8-9); segni e catastrofi (21,10-11); avvenimenti che accadranno prima: persecuzioni (21,12-19); devastazione di Gerusalemme (21,20-24); catastrofi cosmiche e venuta del Figlio dell’uomo (21,25-33); avvertimento finale (21,34-36). Nel suo vangelo, Luca è ritornato a più riprese sul tema della fine dei tempi; lo ha fatto specialmente in due passi particolari: 12,35-48 (le parabole sulla vigilanza) e 17,20-18 (il giorno del Figlio dell’uomo).
Chiarito che il linguaggio usato da Gesù può essere ostico alle nostre orecchie ma non lo era a quelle di chi lo ascoltò circa 2000 anni fa, credo che resti il cuore del messaggio.
“Risollevatevi e alzate il capo”. Il versetto è proprio di Luca. Dopo aver descritto panico e terrore, Gesù chiama i suoi alla speranza. Gli avvenimenti storici e i segni precursori della fine sono certamente terribili, tuttavia i credenti non debbono trarne motivo di arresto nel loro cammino. Anzi possono “levare il capo”, scrutare oltre, perché questi segni annunziano la vittoria del Signore e la “liberazione”. Liberazione, parola greca nell’originale e così tradotta, è l’unica volta che compare nei Vangeli: san Paolo la userà proprio per indicare l’opera della salvezza compiuta da Gesù.
“State bene attenti… vegliate e pregate…”. Solo Luca riporta questo passo. La vigilanza è focalizzata non nell’evitare sciagure, ma a essere pronti per l’incontro con il figlio dell’Uomo. Un po’ come nelle banchine delle stazioni ferroviarie o alle uscite passeggeri dell’aeroporto: vigilanti per attendere fiduciosi comparire l’atteso o l’attesa.
E attendere l’Atteso per eccellenza è la preghiera cristiana che chiude la Sacra Bibbia: Maràna tha, Vieni Signore Gesù (Ap 22,20).
Anche san Francesco sente utili per sé e per la sua fraternità l’esortazione alla vigilanza su quelle cose che potrebbero frenare o rendere impossibile l’incontro con l’Atteso:
«E ogniqualvolta sopravvenga la necessità, sia consentito a tutti i frati, ovunque si trovino, di servirsi di tutti i cibi che gli uomini possono mangiare, così come il Signore dice di Davide, il quale mangiò i pani dell’offerta che non era permesso mangiare se non ai sacerdoti. E si ricordino che il Signore dice: «State bene attenti, che i vostri cuori non si appesantiscano nella crapula e nell’ubriachezza e nelle preoccupazioni di questa vita e che quel giorno non piombi su di voi all’improvviso, poiché cadrà come un laccio su tutti coloro che abitano sulla faccia della terra». Similmente, ancora, in tempo di manifesta necessità tutti i frati per le cose loro necessarie provvedano così come il Signore darà loro la grazia, poiché la necessità non ha legge (Regola non bollata, IX : FF 33).
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