quanto dista il regno di Dio?
In quel tempo, si avvicinò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: “Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza”. Il secondo è questo: “Amerai il tuo prossimo come te stesso”. Non c’è altro comandamento più grande di questi».
Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. (Mc 12,28b-34)
Domenica XXXI del tempo ordinario – anno B – “Non sei lontano dal regno di Dio”, risponde Gesù allo scriba che ha capito il comandamento che sta a principio della legge. Non è lontano, ma, per entrarvi, gli manca una cosa: amare Gesù, il Signore che gli si è fatto vicino. Il brano conclude dicendo che nessuno più osava interrogarlo. Solo dopo la croce ci sarà uno – Giuseppe di Arimatea – che attendeva “il Regno” e “osò” “chiedere”. Ebbe in dono il corpo di Gesù (15,43ss). Infatti solo lì sappiamo chi è il Signore: colui che per primo ci ha amati.
“Ascolta Israele”. Queste parole (in ebraico: Shemà Israel) sono quelle che iniziano la grande preghiera ripetuta incessantemente dagli ebrei. Il comandamento dell’amor di Dio (Dt 6,5) e quello dell’amore del prossimo (Lev 19,18) si trovano in due passi differenti della legge, e il secondo riguarda senz’altro solo i “vicini” e non tutti gli uomini. Gli ebrei avevano già l’abitudine di accostare l’uno all’altro questi due comandamenti, che per Gesù costituiscono l’essenza della legge: lo scriba approva pienamente questo accostamento proposto da Gesù.
Gesù presenta un itinerario-cammino in progressione: la richiesta di un amore dell’uomo verso Dio, compito inesauribile, come indicato dall’uso della formula: Amerai. Questa forma verbale, oltre al valore dell’imperativo associa anche l’idea di progressività, di incompiutezza. C’è sempre un futuro in questo comandamento, un nuovo futuro. L’amore è un compimento che non ha mai fine, ma trova nuove strade, nuove realizzazioni, nuove espressioni.
La caratteristica dell’amore a Dio è la totalità. L’esclusività! Tutto il cuore, l’anima e la mente: niente sconti!
Amore totale e “tridimensionale” in un’interiorità che non lascia dimensioni scoperte. Possiamo intendere: “ama Dio in tutto te stesso” e con tutta la tua esperienza, visto che Il cuore, che per la Bibbia rappresenta il centro dell’uomo, la parte più intima e personale di ciascuno, non va inteso, quindi, come semplice aspetto emotivo, ma è il luogo dove si decide l’orientamento essenziale della propria vita.
Amore totale e “tridimensionale” che si apre però ad una nuova dimensione esteriore che – di riflesso – non lascia vuoti relazionali. Perché “il secondo comandamento è simile al primo”: «Amerai il tuo prossimo come te stesso». La somiglianza non riguarda l’identità, ma la natura e l’importanza uguale dei due comandamenti. Perciò essi non sono intercambiabili, come se amare il prossimo significasse anche amare Dio e viceversa. E’ nel primato dell’amore totalizzante per Dio che è “Padre” che potrò amare il mio prossimo come me stesso perché lo posso riconoscere “fratello”.
San Francesco coglie l’essenza della proposta di Gesù e la ripropone in almeno due passaggi dei suoi scritti:
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«Tutti amiamo con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutta la capacità e la fortezza, con tutta l’intelligenza, con tutte le forze, con tutto lo slancio, tutto l’affetto, tutti i sentimenti più profondi, tutti i desideri e le volontà il Signore Iddio, il quale a tutti noi ha dato e dà tutto il corpo, tutta l’anima e tutta la vita; che ci ha creati, redenti e ci salverà per sua sola misericordia; lui che ogni bene fece e fa a noi miserevoli e miseri, putridi e fetidi, ingrati e cattivi» (Regola non bollata, XXIII : FF 69).
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«Facciamo, inoltre, frutti degni di penitenza. E amiamo i prossimi come noi stessi. E se qualcuno non vuole amarli come se stesso, almeno non arrechi loro del male, ma faccia del bene» (Lettera ai fedeli II, IV : FF 190).
Sant’Antonio di Padova si affida alla sapienza patristica di sant’Agostino per esplicitare meglio la proposta dell’amore in tre dimensioni: «“Amerai il Signore, Dio tuo, con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima e con tutte le tue forze”. Agostino così parla e spiega: “Con tutto il cuore”, cioè con l’intelletto senza errore; “con tutta la mente”, cioè con la me-moria senza dimenticanze; “con tutta l’anima”, cioè con la volontà, senza aver mai nulla in contrario» (Sermone nella festa di santo Stefano protomartire, 11)
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