M come… muto!

M come… muto!

Probabilmente non poter relazionarci tra di noi attraverso l’uso della parola, essere davanti ad una persona che non ci parla e che resta in silenzio, attendere una parola importante ma che tarda a venire, beh, tutto questo è ciò che di peggio ci potrebbe accadere. Essere muti, trovarci di fronte ad una persona muta o, per similitudine, ad una situazione, un’esperienza che non ci dice niente, sembra davvero intaccare nel profondo la nostra stessa umanità e dignità. Che non può, a quanto pare, fare a meno di dialogare, di parlare e di ascoltare. Tant’è che quando ciò si inceppa per qualsiasi motivo, andiamo in tilt. O abbiamo magari bisogno di inventarci un altro “linguaggio”, un modo alternativo per continuare comunque a comunicare, come può esserlo la lingua dei segni. Intuiamo allora che angoscia poteva provare il salmista che invocava Dio stesso: «Dio, non startene muto, / non restare in silenzio e inerte, o Dio» (Sal 83,2)! Visto che Dio piuttosto parla, eccome!, a differenza degli idoli che sono tali proprio perché muti, «hanno bocca e non parlano» (Sal 115,5; cf. Ab 2,18; 1Cor 12,2), e cioè incapaci di entrare in relazione con l’uomo. E quando non è condizione senza colpa ma purtroppo fisica, il mutismo lo è in quanto a ingiustizia, e perciò con colpa. Sono i poveri che non hanno voce né diritto ad essere ascoltati, chi soffre così tanto da non avere ormai più parole a disposizione, chi è ingiustamente perseguitato e senza diritto di replica. Applicando a sé la profezia del Servo sofferente di Jahvè, «Maltrattato, si lasciò umiliare / e non aprì la sua bocca; / era come agnello condotto al macello, / come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, / e non aprì la sua bocca» (Is 53,7), Gesù stesso se ne starà in silenzio davanti ai suoi accusatori (cf. Gv 19,9; Lc 23,9). È allora inevitabile che uno dei segni del Regno di Dio sia proprio la parola restituita ai muti: «griderà di gioia la lingua del muto» (Is 35,6; Sap 10,21; Mc 7,37). Ma perdere la parola è anche, per certi versi, la punizione di chi si sottrae alla relazione, con Dio o gli uomini (cf. Lc 1,20).
Proprio ciò che accade ad un compagno di san Francesco: «Una volta due frati, camminando insieme, giungono presso un ospedale dei lebbrosi. Sulla strada scorgono del denaro e si fermano discutendo su che cosa fare di quello sterco. Uno di essi, ridendosi degli scrupoli del fratello, vorrebbe raccoglierlo per offrirlo a quelli che servono, a pagamento, i lebbrosi. Ma glielo impedisce il compagno, dicendogli che è ingannato da falsa pietà. Ricorda pure al temerario la parola della Regola, dalla quale risulta abbastanza chiaro che il denaro trovato deve essere calpestato come polvere; ma quello, testardo di natura, rifiuta gli avvertimenti. Trascurando la Regola, si china e raccoglie la moneta. Ma non sfugge al castigo divino: sull’istante è reso muto, batte i denti e non riesce a dire una parola» (2Cel 66: FF 652). Per il resto, nelle Fonti Francescane vi sono più muti: vescovi che diventano tali per troppa curiosità (2Cel 100: FF 687), bambini che sono guariti da Francesco (3Cel 125: FF 946), frati finti santi (CAss 116: FF 1670), e via dicendo. Ma è su ben altro che Francesco ci insegna a starcene evangelicamente muti: «Beato il servo che custodisce nel suo cuore i segreti del Signore» (Am 28,3: FF 178).
(Alfabeti improbabili. A zonzo tra Bibbia e Fonti Francescane/83)

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ARTICOLO DI: Fabio Scarsato

“Fra Fabio Scarsato – Originario di Brescia, frate minore conventuale, è appassionato di san Francesco e francescanesimo, che declina come stile di vita personale e come testimonianza agli altri. È passato attraverso esperienze caritativo-sociali con minori e giovani in difficoltà, esperienze parrocchiali e santuariali nella trentina Val di Non (Sanzeno e S. Romedio), di insegnamento della spiritualità francescana, condivisione di esercizi spirituali e ritiri, grest e campiscuola anche intereligiosi, esperienze di eremo e silenzio. Attualmente vive al Villaggio S. Antonio di Noventa Padovana, ed è direttore editoriale del Messaggero di S. Antonio, del Messaggero dei ragazzi e delle Edizioni Messaggero Padova.”

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