molto occupato

molto occupato

C’è una definizione di san Francesco che non smette mai di “tormentarmi” positivamente, in ormai diversi anni di vita religiosa e francescana. È una definizione antica ma di una “modernità” impressionante: la troviamo nella prima biografia francescana, la Vita prima di fr. Tommaso da Celano, databile nel 1228-1229; Francesco morì nel 1226.

Dice fr. Tommaso di Francesco d’Assisi: «Era davvero molto occupato con Gesù» (FF 522).

Sei parole, un distillato di teologia spirituale e allo stesso tempo un folgorante tweet in meno di 140 caratteri. Come una caramella balsamica alle erbe, dura, compatta, non masticabile… da sciogliere lentamente in bocca per lungo tempo.

Tommaso non dice “preoccupato” o tormentato. Dice proprio “occupato”, nel senso di una realtà che occupa tempo e spazio insieme/con Gesù. Per Francesco Gesù non era solo l’ “Emmanuele, Dio-con-noi” (Mt 1,23) ma era un “Tu” con il quale avere a che fare continuamente: non un’idea ma una persona vera e propria. Non per nulla quando la sua esperienza di “essere molto occupato con Gesù” raggiungerà il culmine massimo con l’esperienza delle stimmate a La Verna, Francesco sarà in grado di prorompere in una preghiera apparentemente banale ma invece estremamente difficile: le Lodi di Dio Altissimo (FF 261), mirabile elenco di trentasei “Tu sei…” rivolti a quel Cristo tanto conosciuto e servito e amato e compagno e Maestro, preghiera che fortunosamente conserviamo ad Assisi scritta di suo pugno su un brandello di pergamena.

Dice/scrive Francesco:

«Tu sei santo, Signore, solo Dio, che operi cose meravigliose. / Tu sei forte, Tu sei grande, Tu sei altissimo / Tu sei re onnipotente, Tu, Padre santo, re del cielo e della terra / Tu sei trino ed uno, Signore Dio degli dei, / Tu sei il bene, ogni bene, il sommo bene, il Signore Dio vivo e vero / Tu sei amore e carità, Tu sei sapienza, Tu sei umiltà, Tu sei pazienza, / Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine, Tu sei sicurezza, Tu sei quiete. / Tu sei gaudio e letizia, Tu sei nostra speranza, Tu sei giustizia. / Tu sei temperanza, Tu sei tutta la nostra ricchezza a sufficienza. / Tu sei bellezza, Tu sei mansuetudine. / Tu sei protettore, Tu sei custode e nostro difensore, / Tu sei fortezza, Tu sei refrigerio. / Tu sei la nostra speranza, Tu sei la nostra fede. / Tu se la nostra carità. Tu sei tutta la nostra dolcezza, / Tu sei la nostra vita eterna, grande e ammirabile Signore, / Dio onnipotente, misericordioso Salvatore».

Prosegue fr. Tommaso per argomentare: «Gesù portava sempre nel cuore, Gesù sulle labbra, Gesù nelle orecchie, Gesù negli occhi, Gesù nelle mani, Gesù in tutte le altre membra». Fuori da ogni facile misticismo, si tratta davvero di una dimensione multi-sensoriale e totalizzante: senza bisogno di connessione web e apparati per realtà virtuale o aumentata, Francesco aveva già trovato una relazione piena e autentica e “vera” con il Dio creatore (vd. Cantico delle Creature) e il suo diletto Figlio Gesù Cristo.

I suoi scritti ormai sono da tempo (purtroppo ancora troppo breve!) il termine di confronto imprescindibile per conoscere un uomo (più che un santo) troppo spesso svilito da aneddotica o ricognizioni cinematografiche di grande impatto ma superficiali, se non persino tendenziose.

Basterebbe questo per confermare l’attualità perenne di un uomo pienamente medievale ma soprattutto totalmente uomo, capace non tanto o solo di un coraggioso radicalismo evangelico ma più di tutto di un sorprendente prendere seriamente la questione fondamentale con Dio: “Chi sei Tu e chi sono io?” (Fioretti : FF 1915). E farne una storia, la sua. Al punto di poter dire ai confratelli con piena consapevolezza e libertà evangelica nel momento della morte: «Io ho fatto la mia parte; la vostra, Cristo ve la insegni» (Leggenda Maggiore, 14,3 : FF 1239).

La sera del 3 ottobre i francescani in tutto il mondo ricordano “il transito” di frate Francesco da questa vita terrena alla “vita-altra” nell’ordine di una continuità e non di una rottura.

Dice Bibbia Francescana al proposito (pag. 1890):

«Oggi la morte è un tabù. Spettacolarizzandola sugli schermi è scomparsa dalla nostra vita reale: si muore nascosti, soli e disperati. In questa morte non c’è più spazio né per l’uomo né per la fede: diviene l’annullamento dell’umano, pura sofferenza e angoscia, un interruttore che qualcuno vorrebbe pigiare anche molto prima che accada naturalmente. Francesco vive “sora morte” (Cant 27) nella fede: la morte non è un “on/off”, ma un processo più simile all’alba/tramonto. . Nel morire si scopre e si vive ciò che è veramente importante rendendolo definitivo nel “per sempre” del Padre. Con la morte finisce l’importanza che abbiamo per gli uomini e si svela quanto contiamo per Dio: “va’ sicura” dice a sé stessa Chiara morente (LegC 29). L’importante è scampare la “morte secunda” (Cant 31): che è come dire l’importanza di arrivare vivi… alla morte: vivi nella fede, speranza e carità».

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ARTICOLO DI: Andrea Vaona

“fr. Andrea Vaona - francescano conventuale, contento di essere frate. Nato sul limitare della laguna veneta, vive in città con il cuore in montagna, ma volentieri trascina il cuore a valle per il servizio ministeriale-pastorale in Basilica del Santo a Padova e con l'OFS regionale del Veneto. Scrive (poco) e legge (molto). Quasi nativo-digitale, ha uno spazio web: frateandrea.blogspot.com per condividere qualche bit e idea.”

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