da Dio-con-noi a Dio-tra-noi
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni.
Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.
In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà.
Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro». (Mt 18,15-20)
Domenica XXIII del tempo ordinario, anno A – Realismo, ostinazione, urgenza. Tre idee nascoste (tra tante altre, immagino) in queste righe di vangelo.
Realismo – La vita nella comunità non è una passeggiata, non è tutto semplice né saldamente pacifico. Il fratello, la sorella possono commettere colpe: che fare? «Non sette volte, ma settanta volte sette» (Mt 18,22) è la via del perdono “senza-fine” proposta già da Gesù proprio qualche riga dopo il nostro testo, sollecitato da un Pietro fortemente perplesso dai nostri versetti. E i nostri versetti parlano di un modello per vivere la fatica della relazione con chi ci ha ferito…
Ostinazione – …e la via è ostinata nella sua gradualità! Ciò che si desidera salvare è soprattutto la relazione: perché nella relazione c’è la dignità di persone. Rotta la relazione “si muore” nel cuore di chi abbiamo ferito-umiliato. “Metterci un pietra (tombale?!) sopra” oppure fare tutto ciò che è possibile perché chi ha sbagliato non finisca sotto quella pietra? La via proposta da Gesù è oltremodo impegnativa. E graduale. Dal “tu-per-tu”, al coinvolgimento di fratelli e sorelle della comunità. Non è facile e non è “innato”: è un rovesciamento della prassi! Che oggi più che mai vede prima coinvolta la comunità (o social-community!) nello stigmatizzare la colpa e poi (forse?) il “tu-per-tu”, che magari svela fraintendimenti e ed errori di valutazione e/o giudizio.
Urgenza – Gesù propone poi di non lasciare correre le cose, non perdere tempo: la posta in gioco (“salvare il fratello”, non inquinare lentamente in modo mortifero la relazione…) è troppo importante. Anche se Gesù ammette che il finale non possa essere sempre come quello previsto nelle fiabe: vissero felici e contenti. La frattura finale sembra chiaramente contemplata tra le ipotesi dello sviluppo realismo-ostinazione-urgenza. Ad ognuno la sua parte di responsabilità. Ma sullo sfondo: “…settanta volte sette…”.
Ossia: voi che “restate” in comunità dopo che qualcuno che vi ha fatto del male e (al termine della reale-ostinata-urgenza) si è allontanato dalla comunità, ecco – proprio a voi che restando avete la garanzia che Gesù è tra voi perché riuniti nel suo nome – è riservata l’ultima parola sulla questione: «Non sette volte, ma settanta volte sette» (Mt 18,22). Nell’irragionevolezza evangelica c’è però coerenza: solo “restando” con Gesù in mezzo a noi si può capire l’illogica via del perdono, perché solo “restando” ci si scopre da Lui perdonati.
Non trovo altro senso a queste parole di Gesù così troppe volte sconfessate dalla storia: «se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà». In assoluto, sembrano parole disattese dai fatti: quante preghiere sincere in due e più per chiedere tante cose buone, ad esempio per chi è malato… Ma poiché il detto è collocato proprio qui e non altrove, forse non è da assolutizzare, ma da ri-comprendere nella formulazione: “se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa per essere capaci di perdono il Padre mio che è nei cieli gliela concederà”.
Bibbia Francescana sembra lasciare sullo sfondo il tema della riconciliazione e del perdono. Sia per san Francesco che per santa Chiara l’attenzione è particolarmente concentrata sulla certezza di fede che nella comunità il Cristo è presente. Non solo come “Emmanuele, «Dio-con-noi»” (Mt 1,23), ma pure Dio-TRA-noi (18,20):
«…E a lui [il Signore Dio onnipotente, Padre e Figlio e Spirito Santo] ricorriamo come al pastore e al vescovo delle anime nostre, il quale dice: “Io sono il buon Pastore, che pascolo le mie pecore e per le mie pecore do la mia vita». «Voi siete tutti fratelli. E non vogliate chiamare nessuno padre vostro sulla terra, perché uno solo è il vostro Padre, quello che è nei cieli. Né fatevi chiamare maestri, perché uno solo è il vostro Maestro, che è nei cieli [Cristo]”. “Se rimarrete in me e le mie parole rimarranno in voi, domanderete quel che vorrete e vi sarà fatto. Dovunque sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono lì in mezzo a loro. Ecco, io sono con voi sino alla fine del mondo. Le parole che vi ho dette sono spirito e vita. Io sono la via, la verità e la vita”. Teniamo dunque ferme le parole, la vita e l’insegnamento e il santo Vangelo di colui che si è degnato di pregare per noi il Padre suo e manifestarci il nome di lui…» (Rnb XXII – FF 59).
«Sora AGNESE già figliola DE MESSERE OPORTULO DE BERNARDO DE ASSISI, monaca del monasterio de Santo Damiano, giurando disse: […] che la preditta madonna Chiara molto se dilettava de udire la parola de Dio. E, benché essa non avesse studiato in lettere, nondimeno voluntieri udiva le prediche letterate. E predicando uno di` frate Filippo de Atri, de l’Ordine de li frati minori, essa testimonia vide appresso a santa Chiara uno mammolo bellissimo, e parevale de età quasi de tre anni. Et orando essa testimonia nel suo core che Dio non permettesse che essa fusse ingannata, le fu risposto nel suo core in queste parole: «Io so’ in mezzo de loro» (Mt 18,20), significando per queste parole come el mammolo era Iesu Cristo, lo quale sta in mezzo de li predicatori e de li auditori, quando stanno et odono come debbono. […] Adomandata chi ce era presente, respose: che ce erano le sore. Adomandata se alcuna de loro vide quello mammolo, respose che una sora disse ad essa testimonia: «Io so che tu hai veduto qualche cosa». Adomandata per quanto spazio stette lì quello mammolo, respose: per grande parte de la predica. E disse che allora pareva che uno grande splendore fusse intorno alla preditta madre santa Chiara, non quasi de cosa materiale, ma quasi splendore de stelle. E disse che essa testimonia per la apparizione preditta sentiva una soavità inesplicabile» (Processo canonizzazione, Decima Testimonianza, 8 – FF 3076).
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