Con Santa Chiara: Mira-Medita-Contempla

Con Santa Chiara: Mira-Medita-Contempla

Una delle Sante più amate, vissuta nel XIII secolo, «pianticella» di San Francesco (TestsC 37: FF 2838),  pieni di stupore per tutto quello che il Signore ha fatto in questa donna cristiana la cui maggior grandezza è stata quella di prendere sul serio il Vangelo, continuando il cammino che Frate Francesco, «vero amante e imitatore» del Signore, le indicò con la sua vita e le sue parole (TestsC 5: FF 2824).
Ma Chiara ha ancora qualcosa da dire all’uomo e alla donna di oggi? Penso proprio di sì.
Per Chiara il Signore è tutto. I mezzi che contempla per seguire Cristo povero e crocifisso e di camminare con coraggio nella via delle virtù, sono semplici e nello stesso tempo molto efficaci: fare continuamente memoria del proposito iniziale, tenendo «sempre vedendo il tuo principio» (2LAg 11: FF 2875), guardare ogni giorno nello Specchio (cf. 4LAg 15: FF 2902), aggrappandosi con tutte le fibre del cuore all’Agnello immacolato (cf. 4LAg 8-9: FF 2900-2901), senza spegnere mai lo spirito della santa orazione e devozione (cf. RsC 7,2: FF 2792).
Penso che la contemplazione si potrebbe definire, prima di tutto, come l’apertura del cuore al mistero che ci avvolge. Contemplare è svuotarsi di tutto il superfluo, perché Colui che è il Tutto ci riempia fino a traboccare. Contemplare è aprire interamente gli occhi del cuore per poter leggere e scoprire la presenza del Signore nelle sfaccettature delle persone e delle cose. Contemplare è aprire le orecchie dell’anima per ascoltare le grida silenziose del Signore nella sua Parola, nei Sacramenti, nella Chiesa e negli avvenimenti della storia. Contemplare è far silenzio di parole perché parli lo sguardo pieno di stupore, come quello di un bimbo; perché parlino le mani aperte alla condivisione, come quelle di una madre; perché parlino i piedi che, con passo leggero, come ci chiede santa Chiara, attraversano le frontiere per annunciare la Buona Novella, come quelli di un missionario; perché parli il cuore traboccante di passione per Cristo e per l’umanità, come parlarono i cuori innamorati di Francesco e Chiara.
Contemplare è entrare nella cella del proprio cuore e lasciarsi trasformare da colui al quale, come Chiara afferma: «sposo di stirpe più nobile» (1LAg 7: FF 2862), con la bellezza più seducente (cf. 1LAg 9: FF 2862),  e l’amore di lui rende felici (cf. 4LAg 11: FF 2901). Contemplare è “desiderare, prima di tutto, ad avere lo Spirito del Signore e la sua santa operazione” (cf. Gal 5,13-21.26; Rm 13,13-14). La contemplazione è essenzialmente la vita di unione con Dio che, secondo le parole di Chiara, è mettere anima, cuore e mente nello Specchio, in Cristo, fino a trasformarsi totalmente in immagine della sua divinità.
La contemplazione è fare una scelta esclusiva per il Signore, consegnargli la vita, è poter dire con Paolo «non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me» (Gal 2,20). Contemplare è bruciare, spendere la vita per il Vangelo. Mi ha sempre incuriosito il fatto che Chiara non definisce la vita a San Damiano come vita contemplativa, ma come un vivere il Vangelo. Essere contemplativi implica, assumere il Vangelo nelle sue esigenze più radicali, senza sconti, senza giustificare sistemazioni a uno stile comodo di vita. La passione per Cristo è passione per l’uomo. Un’anima contemplativa è un’anima che si sente in comunione con tutti, che presenta tutti al Signore, con le loro gioie e tristezze, con le loro speranze e le loro frustrazioni.
Come i grandi maestri della contemplazione, anche Chiara elaborò il suo “metodo”, il suo percorso. Si tratta di un metodo molto semplice che sgorga dalla propria esperienza. Questo metodo può riassumersi in tre verbi che appaiono nella seconda lettera ad Agnese di Praga: mirare (osservare), meditare, contemplare (cf. 2LAg 20: FF 2879; 4LAg 19-23: FF 2904).

Mirare.

Lo sguardo coinvolge tutti i sentimenti nella sequela contemplativa di Gesù Cristo: «Guarda con attenzione il principio di questo specchio, la povertà di colui che è posto in una mangiatoia e avvolto in pannicelli»  (4LAg 19: FF 2904). Non si tratta di un atteggiamento romantico di fronte al presepe, ma di un’esperienza reale di povertà, di una scelta forte per la povertà, come il cammino intrapreso dal Figlio di Dio. Non si tratta di ammirarsi, ma di uscire da se stessi e contemplare la povertà del Signore.

            Meditare.

La meditazione, per Chiara, abbraccia la mente e porta a percepire l’umiltà come un contrasto che scandalizza e affascina: il Re degli angeli avvolto in panni e deposto in un presepe. Se per Francesco il binomio povertà-umiltà è inseparabile, lo è anche per Chiara.  La povertà mette in rilievo la vita nella stessa condizione dei poveri. L’umiltà esprime l’aspetto più profondo della povertà: l’abbattimento, l’umiliazione.

            Contemplare.

Il contemplare coinvolge particolarmente il cuore. Per Chiara il cuore è il luogo dell’alleanza con lo Sposo, esprime la radicalità della risposta, il donarsi totalmente, la comunione che permette di assaporare Dio. D’altra parte, la contemplazione richiede un cuore puro, totalmente rivolto al Signore. Ciò permette di guardare con altri occhi, gli occhi di Dio, di considerare in maniera diversa, di percepire in profondità. Contemplare significa, perciò, avere gli stessi sentimenti di Cristo (cf. Fil 2,5), rivestirsi di Cristo (cf. Gal 3,27; Ef 4,24). Contemplare è aprirsi allo Spirito che rinnova, trasforma e conduce alla testimonianza, meta di tutta la contemplazione.

Mira-medita-contempla, più che gradi, sono dimensioni di uno stesso processo è un’esperienza che coinvolge tutta la persona in tutte le sue dimensioni: spirituale, intellettuale, affettiva e sensibile. È come l’amore autentico che porta alla sequela e all’identificazione con la persona amata, alla trasformazione dell’amante nell’Amato.
Il silenzio come cammino di libertà è un valore universale, necessario per una vita in pienezza, per la riflessione profonda. Il silenzio e la solitudine abitati sono manifestazione di una vita piena traboccante, che parla da sola. Il silenzio e la solitudine sono mezzi indispensabili per concentrarci sull’essenziale, per vivere in presenza del Signore.
Il Signore ci dia un cuore puro per poterlo mirare, meditare e contemplare, come Chiara di Assisi, perché, trasformandoci in Lui, possiamo testimoniarlo agli uomini e alle donne del nostro tempo!

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ARTICOLO DI: Alberto Origgi

“Fra Alberto Origgi – frate minore conventuale. Da grafico pubblicitario, ad agricoltore, a frate francescano poi, per trafficare nella vigna del Signore ed essere a servizio del Regno di Dio. È passato attraverso esperienze parrocchiali, caritativo-sociali con persone con handicap, condivisione di esercizi spirituali, ad esperienze in chiese conventuali. Laudato sii, mi Signore, per quelle parole di San Francesco che sento profondamente mie e che mi lacerano e feriscono il cuore: “Iniziamo fratelli a servire e a fare il bene perché finora abbiamo fatto poco o nulla!”.”

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